Del 12 Novembre 2023 alle ore 10:51“Nell’attuale teso clima politico le menzogne incendiarie possono scaturire pericoli di sicurezza e persino peggio”. Con queste parole il giudice Arthur Engoron ammoniva i legali di Donald Trump che sta presiedendo il caso giudiziario sui reati finanziari e fiscali dell’ex presidente. Engoron ha continuato chiedendo retoricamente perché non dovrebbe imporre “ulteriori severe sanzioni o forse mettere” il loro assistito in carcere. Si tratta di un caso civile ma l’ex presidente aveva violato il bavaglio impostogli dal giudice che gli impediva di attaccare il personale della magistratura.
La minaccia di incarcerare Trump non è stata messa in atto. Engoron si è limitato ad imporre un’altra sanzione di 10 mila dollari che i legali di Trump hanno già pagato. L’ammonimento di Engoron, però, non ha posto fine agli attacchi incendiari sul giudice stesso e i suoi collaboratori, che Trump attribuisce alla fine dei conti al suo avversario politico Joe Biden.
Se Engoron sembrava serio ad aumentare la posta per tenere a bada Trump, nelle recenti testimonianze si è comportato come un agnellino. Rispondendo sotto giuramento alle domande degli avvocati dello Stato di New York, Trump ha usato l’occasione per fare comizi politici nell’aula presieduta da Engoron. Il togato lo ha notato e ha ammonito parecchie volte l’ex presidente-testimone di limitarsi a rispondere alle domande in maniera concisa. Trump però non ha obbedito e alla fine il giudice ha ceduto esortando Christopher Kise, uno dei legali dell’accusato, di controllare l’ex presidente. In effetti, la minaccia di mettere Trump in carcere non è stata messa in atto anche se un accusato normale avrebbe pagato serie conseguenze, incluso il carcere.
Trump da testimone nell’aula del tribunale è riuscito a rispondere alle domande ampliando le sue testimonianze, dilagando le accuse a destra e manca. Ha chiarito davanti al giudice che non si aspetta altro che una condanna e ha indicato Letitia James, la procuratrice dello Stato di New York presente in aula, in tono derisorio. L’ha accusata di razzismo e di essere una donna politica di poco valore che aveva usato il suo caso per candidarsi alla carica di governatrice dello Stato di New York. In effetti, Trump ha fatto di tutto per creare un’atmosfera di caos nell’aula del tribunale.
Il giudice Engoron ha tentato debolmente di frenarlo, interrompendolo e ricordandogli ripetutamente di rispondere brevemente alle domande. Nei casi specifici l’ex presidente ha dovuto accettare alcuni fatti. Rispondendo a una domanda sulla valutazione delle sue proprietà Trump ha detto che aveva delegato ai suoi collaboratori Jeff McConney e Allen Weisselberg. Trump ha testimoniato che lui era occupato nel 2021 nel suo lavoro di presidente. Kevin Wallace, il rappresentante della James, gli ha fatto notare che non era presidente in quell’anno e Trump, a malincuore, ha dovuto confermare questo punto.
Il giudice, esasperato dagli atteggiamenti aggressivi di Trump, ha alla fine deciso di non disciplinarlo e di lasciare perdere. Avrà capito che l’idea di Trump era la provocazione per potere creare un mistrial, cioè viziare il processo a causa di pregiudizi. Trump ha già deciso che dovrà fare appello a un tribunale federale dove spera di potere prevalere o almeno ritardare, sperando di potere vincere l’elezione presidenziale nel 2024. In tale eventualità, tutti i processi civili e quelli criminali verrebbero messi da parta da un nuovo ministro di Giustizia nominato da Trump. Kise e Trump saranno stati imbaldanziti dai recenti sondaggi del New York Times e della Cnn che vedrebbero l’ex presidente in vantaggio su Biden negli stati in bilico che deciderebbero l’elezione. Infatti, il suo avvocato, ribattendo al giudice Engoron, lo ha presentato come ex e futuro presidente, ricalcando che l’accusato non è un individuo ordinario.
Se nella sessione mattinale Engoron ha cercato di frenare i comizi di Trump, nel pomeriggio ha rallentato, trovandosi nella difficile situazione di dovere aumentare la posta delle sanzioni, incapace di fare il “grande passo” e fare arrestare Trump per insubordinazione. I giudici nella stragrande maggioranza dei casi non accettano comportamenti scortesi nelle loro aule ma con Trump Engoron ha dimostrato notevole tolleranza.
La condotta di Engoron con Trump sarà scrutinata da altri giudici incaricati dei 4 processi criminali che l’ex presidente deve affrontare. In particolare, la giudice federale Tanya Chutkan che presiede il caso criminale sulle responsabilità di Trump negli assalti al Campidoglio il 6 gennaio del 2021 Washington, aveva anche lei imposto un bavaglio all’ex presidente per i suoi feroci attacchi a possibili testimoni. Trump aveva anche attaccato Chutkan direttamente la quale ha ricevuto una minaccia di morte causata dal linguaggio incendiario dell’ex presidente. La Chutkan aveva imposto un bavaglio limitato, poi lo aveva sospeso, ma lo ha riattivato dopo gli ultimissimi attacchi a Mark Meadows e William Barr, rispettivamente ex braccio destro e ex ministro di Giustizia di Trump.
Il trattamento di Trump nell’aula di Engoron difficilmente si ripeterà nei processi criminali dove i legali dell’ex presidente gli impedirebbero di testimoniare per ovvi pericoli. Trump continuerà dunque a fare i suoi processi nel tribunale dell’opinione pubblica fuori dalle aule giudiziarie. I giudici dei casi criminali avranno però capito che Engoron non sarà il modello da seguire.
====================
Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.L’articolo Il giudice Engoron e Trump: troppa indulgenza? è già apparso su Il Corriere Nazionale.