Del 8 Novembre 2023 alle ore 09:52di Claudio Di Salvo
L’UE è sempre più dipendente da paesi terzi per la produzione di principi attivi farmaceutici, materie prime chimiche e medicinali, con circa l’80% delle molecole che arriva da India e Cina. Su un totale di 155 prodotti farmaceutici importati dalla UE, 14 presentano un livello di dipendenza dagli scambi extra UE elevato e critico. Per l’Italia la dipendenza sale invece a 24 prodotti ed è correlata alla mancanza di incentivi agli investimenti in ricerca e sviluppo e produttivi che negli anni ha caratterizzato il comparto.
È quanto emerge dal Rapporto annuale dell’Osservatorio In-Salute dal titolo “Attrarre Salute. Obiettivo investimenti per la resilienza dell’industria farmaceutica in Italia e nell’UE” realizzato dall’Istituto per la Competitività (I-Com), il think tank guidato dall’economista Stefano da Empoli con base a Roma e Bruxelles. Lo studio è stato presentato a Roma nel corso di un convegno pubblico realizzato e al quale hanno preso parte numerosi relatori tra accademici, esperti e rappresentanti delle istituzioni, della politica e del mondo delle imprese.
In particolare, dall’analisi condotta da I-Com calcolando l’indice di Herfindahl-Hirschman (HHI) per la concentrazione delle importazioni unito alle informazioni sulla quota extra – UE di queste ultime viene rilevato che i prodotti farmaceutici le cui importazioni presentano delle criticità sono in totale 24, un numero maggiore dei 14 rilevati dall’ECIPE a livello di Unione Europea. Di questi 22 sono principi attivi e i restanti 2 sono prodotti semi-lavorati. La dipendenza delle importazioni italiane non caratterizza l’intero settore farmaceutico ma tocca il 15,48% dei prodotti presi in considerazione (rispetto al 6,1% a livello europeo) e circa il 13% del valore delle importazioni tricolori del comparto (intra ed extra UE). È stato possibile inoltre individuare i paesi europei di riferimento per la domanda italiana nel mercato dei prodotti e ingredienti farmaceutici: la Germania rappresenta per 10 prodotti su 14 un chiaro hub per le importazioni della Penisola, la Francia per 3 su 14.
“Diventa prioritario per l’Italia definire una strategia di medio-lungo periodo, che miri a fornire servizi di alta qualità agli utenti e a posizionare la ricerca e la filiera industriale sugli standard internazionali più avanzati”, commenta il direttore area Salute I-Com Thomas Osborn. “Il miglioramento dell’assetto regolatorio e di governance è cruciale per facilitare l’innovazione nelle cure, potenziare la ricerca, attrarre gli investimenti esteri e sostenere i processi di crescita delle imprese nel nostro Paese”.
Il rapporto sottolinea anche come l’età media in Italia continui a salire (46,4 nel 2022) mentre l’aspettativa di vita si riavvicini ai livelli pre Covid (82,65 nel 2022). Ciò è dovuto ad un tasso di natalità ai minimi storici (6,7). Questa tendenza demografica fa sì che al 1° gennaio 2023 a fronte di 58,851 milioni di residenti in Italia, il 24,1 % siano over 65 (14.183.091) e ben il 7,8% over 80 (4.590.378). L’invecchiamento della popolazione comporta un aumento della diffusione di patologie croniche. Queste interessano il 39,9% della popolazione italiana, cioè 24 milioni di italiani dei quali 12,5 con multi-cronicità. Le proiezioni indicano inoltre che, nel 2028, i malati cronici saliranno a 25 milioni, mentre i multi-cronici saranno 14 milioni. Dopo i 75 anni le persone affette da una patologia sono l’86%, mentre il 66% sono quelli con due o più patologie.
La spesa sanitaria complessiva dell’Italia si trova poco al di sopra della media europea, con un dato simile a quello della Spagna. Ciò nonostante, il livello di spesa in relazione al PIL, che nel 2022 si è attestata al 9%, è ancora ben al di sotto di Francia, Belgio, Paesi Bassi, Portogallo e Germania. L’Italia ha tuttavia una spesa sanitaria (sia pubblica che privata) corrente pro-capite notevolmente inferiore a quella degli altri Paesi europei, eccezion fatta per la Spagna (che presenta una spesa molto simile). Nello specifico, quella della Germania arriva a sfiorare i 6.000 euro per abitante, quella della Francia ammonta a 4.632 euro. Italia e Spagna si fermano intorno ai 2.900 euro.
Per quanto riguarda il personale sanitario pubblico, il numero di medici che lavora negli ospedali pubblici e quello dei medici di base è in calo. Inoltre, più della metà dei medici ha più di 55 anni, il che solleva serie preoccupazioni sulla futura carenza di personale. A impoverire ulteriormente il personale del SSN hanno contribuito anche le dimissioni. Nel 2022 oltre 3.000 medici si sono licenziati dal SSN, ovvero il 3% del personale ospedaliero. Il dato è aumentato del 45% dal 2020. Anche i medici di medicina generale (MMG) sono sempre di meno e sempre più anziani: la quota su 10.000 abitanti è calata del 9,9% dal 2015; per ogni medico con meno di 20 anni di carriera ce ne sono 6,4 che hanno superato questa soglia. Se si confronta chi ha oltre 27 anni di carriera con chi ne ha meno di 6 il divario diventa enorme, 45 contro uno.
Analogamente, si registra una riduzione progressiva delle strutture di ricovero pubbliche e case di cura accreditate (1.052 nel 2015, 995 nel 2022), nonostante una parziale inversione nel 2020, guidata dal privato, e così anche dei posti letto per 1.000 abitanti che sono in costante diminuzione nello stesso lasso temporale (2015-2019). Nel 2020 hanno raggiunto il massimo con 236.830 posti letto in totale, 4,0 posti letto in degenza ordinaria e 1 di day hospital per 1.000 abitanti, stabilizzandosi poi nel 2021 a 3,6 e 0,9. Numeri, questi, comunque più alti del pre-pandemia.
Criticità si riscontrano anche per le liste d’attesa. Secondo la Corte dei Conti, delle 20,3 milioni di prestazioni arretrate nel 2022 ne sono state recuperate complessivamente solo il 65%. Nei Piani operativi regionali (POR) erano previsti oltre 5 milioni di inviti e quasi 2,84 milioni di prestazioni effettive. La rendicontazione ministeriale riporta un recupero stimato di quasi 4,2 milioni di inviti (82%) e poco più di 1,9 milioni di prestazioni di screening (67%).
Infine, lo studio evidenzia la necessità di una nuova politica industriale, che sappia essere attrattiva e punti a potenziare la produzione europea e italiana di farmaci e principi attivi, rispondendo non solo ad un obiettivo di protezione della salute, ma anche di rilancio della crescita economica del Paese. Sarà importante avviare progetti di reshoring di farmaci e principi attivi farmaceutici in Italia per recuperare indispensabili quote di autonomia produttiva e introdurre meccanismi di sostegno all’imprenditorialità con finanziamenti a fondo perduto e incentivi per investimenti produttivi su tutto il territorio nazionale, lo snellimento delle procedure amministrative e la semplificazione della burocrazia. Infine, si deve ripensare a una nuova governance farmaceutica, fondata su processi regolatori chiari e più veloci, che riconoscano il giusto valore innovativo dei farmaci e siano al contempo al passo con la complessità della competizione globale.
L’articolo “ATTRARRE SALUTE. Obiettivo investimenti per la resilienza dell’industria farmaceutica in Italia è già apparso su Corriere di Puglia e Lucania.