Correva l’anno 1479
Francesco Sassetti era il direttore di una delle banche medicee, il Banco Fiorentino. Voleva, a tutti i costi, una cappella di famiglia. L’idea era quella di affrescarla raccontando le storie del suo santo, San Francesco, appunto.
All’inizio andò in Santa Maria Novella, punto di riferimento dell’ordine domenicano e luogo di sepoltura degli antenati del banchiere, con l’intento di acquistarne la cappella maggiore e rinnovare il ciclo trecentesco già esistente. Facile intuire i motivi del diniego. Ripiegò, dunque, sulla chiesa di Santa Trinita dove acquistò una delle cappelle affacciate sul transetto della chiesa, inserita nell’omonimo quartiere affacciato sull’Arno e direttamente collegato con l’omonimo ponte (uno degli scorci più belli di Firenze!).
La basilica era una delle più importanti e rinomate della città, affidata ai monaci di Vallombrosa, congregazione benedettina riformata che aveva avuto origine nel contesto della Riforma della Chiesa dell’XI secolo.
I monaci avevano provveduto ad un grande rinnovamento gotico tra la metà del XIII secolo e gli anni successivi alla Grande Peste. A tale rinnovamento contribuirono, nel corso del tempo, anche le ricche famiglie mercantili che decisero di costruire qui le loro cappelle gentilizie, aiutati da maestranze artistiche di primo livello.
In questo frangente si inserì il nuovo giuspatronato del Sassetti, capace di coinvolgere il Ghirlandaio, ma anche altri artisti, in particolare Giuliano da Sangallo. Tema centrale della decorazione è, dunque, la vita di San Francesco, ricorrente anche in altre cappelle fiorentine (tra le più note quelle dei Bardi e dei Peruzzi in Santa Croce affrescate da Giotto).
Gli affreschi
Negli anni 80 del ‘400 era, dunque, Domenico del Ghirlandaio il più bravo e famoso, quindi il Sassetti chiamò lui ad affrescare la cappella. Il 25 dicembre del 1480 iniziarono i lavori.
Un primo elemento iconico si viene a trovare nel soprarco della cappella e sopra il pilastro che la definisce rispetto a quella alla sua diretta sinistra. Su di esso trova spazio una scena inusuale, slegata dal tema francescano ma che introduce invece, in un ambiente paganeggiante caro al mondo laurenziano, alla venuta di Cristo. In esso si trovano rappresentati sulla sinistra l’imperatore Augusto e il suo seguito, affrontato, sulla destra, dalla sibilla Tiburtina, immaginata mentre indica un grande sole raggiante al cui interno si trova il cristogramma IHS. Questo episodio, conosciuto da testi paleocristiani, ricorda quando la sibilla aveva profetizzato all’imperatore la futura venuta di Cristo e la successiva nuova età dell’oro. Tale episodio, che il cristianesimo vedeva come una prefigurazione pagana dell’Incarnazione, non era però del tutto disgiunto dalla realtà francescana, in quanto sarebbe avvenuto presso un altare, definito da allora come Ara Coeli, presso il quale i successori di Francesco avrebbero costruito la loro casa madre romana, l’omonima basilica sul Campidoglio.

Ad accompagnare la scena, Ghirlandaio dipinse sopra il pilastro della cappella una rappresentazione del re David, raffigurato come una statua classica sopra un pilastro con iscrizioni e realizzato a monocromo e parti dorate, come se fosse fatta realmente di marmo. Il suo ruolo qui è molteplice. Da un lato, infatti, esso è usato come pretesto antiquario per la rappresentazione dell’eroe classico, soprattutto per il valore simbolico che il re aveva per l’identità fiorentina. Dall’altra egli svolge sia il ruolo di precursore e precognitore di Gesù, sia di protettore della famiglia Sassetti, il cui scudo araldico troneggia al fianco del santo, ripreso, inoltre, in una terracotta robbiana al centro dell’arco d’accesso.
Il significato cristologico della cappella si estende quindi sulle quattro vele gotiche, dove vengono figurate, sedute sopra coltri di nubi, altre quattro sibille: la sibilla Cumana, la sibilla Eritrea, la sibilla Agrippa e la sibilla Cimmeria. La presenza di queste figure pagane, apparentemente incongrua in un ambiente sacro, nasce dal fatto che esse sono viste in ottica cristiana come le annunciatrici pagane della discesa sulla Terra di Dio, in diretto parallelo con i profeti di tradizione giudaica.
Al di sotto, entro un doppio registro, si estendono le vicende francescane. Il ciclo comincia in alto a sinistra con la scena della Rinuncia ai beni terreni. Francesco, dopo una vita giovanile dedicata alla guerra, decise di darsi alla Povertà abbandonando la vita e i beni agiati della famiglia.
Più sotto ancora viene riportata la vicenda del miracolo delle stimmate, avvenuto nel 1224 presso l’eremo de La Verna, nell’Aretino. Francesco è rappresentato stimmatizzato da un crocefisso sorretto da cherubini e frate Leone, impaurito dall’evento.
Nel riquadro successivo è rappresentato un episodio successivo alla morte di San Francesco, quando il santo sarebbe apparso per resuscitare un bambino di una famiglia romana morto cadendo dalla finestra. Questa scelta non era prevista sin dal contratto iniziale, ma fu modificata proprio su volontà del Sassetti. All’iniziale apparizione di Arles, dove Francesco ancora vivo sarebbe apparso al capitolo francescano pur non essendo fisicamente presente, il Sassetti preferì l’episodio romano, da lui connesso con la recente morte del figlio Teodoro I, cui sarebbe seguita dopo alcuni mesi la nascita di un nuovo figlio, chiamato con lo stesso nome.
Nell’affresco frontale più basso il Ghirlandaio dà vita ad una nuova iconografia: l’adorazione dei pastori. Fino ad allora, quella dei Magi era stata riportata dai vari artisti. Più sopra una rappresentazione in cui sono inseriti anche Lorenzo de’ Medici ed i suoi figli. Questo per imbonirsi il potente di turno.
All’interno della cappella ai lati, i due sarcofagi, il suo e quello di sua moglie Nera Corsi.
Francesco Sassetti
Mercanti e banchieri erano le figure chiave dell’economia e della politica del Basso Medioevo. Tra queste figure, sicuramente, spicca quella di Francesco Sassetti (1421-1490), protagonista di una delle più sfolgoranti carriere tra gli uomini d’affari del Rinascimento.
Giovanissimo divenne uomo di fiducia della famiglia Medici, curatore del Banco di Avignone e poi di Ginevra per poi ottenere nel 1469 l’incarico di direttore generale del Banco fiorentino, che ricoprì fino alla morte. Una posizione illustre ma anche scomoda, che lo portò, in collaborazione ad Antonio Tani a dover districare le crisi di diverse filiali, tra le quali quella di Lione, quella di Londra e quella di Bruges, che aveva assorbito i debiti della precedente e per la quale il Sassetti fu accusato, pochi anni prima della morte, di aver avuto eccessivo credito verso Tommaso Portinari, nonostante la sua prodiga politica.
Uomo di grande ricchezza e prestigio acquistò Villa La Pietra, sulla via Bolognese, fece realizzare la cappella di famiglia nella chiesa di Santa Trinita e raccolse nella vita una imponente biblioteca. Una parte consistente dei manoscritti che erano in suo possesso entrò a far parte della biblioteca della famiglia Medici: attualmente è conservata nella Biblioteca Medicea Laurenziana.
Il rapporto tra il Sassetti e il Ghirlandaio si sviluppò all’inizio degli anni’80, legato ai grandi successi da lui ottenuti da quest’ultimo a Roma e tra le più importanti famiglie gentilizie fiorentine, in particolare presso Lorenzo il Magnifico, con il quale Francesco intratteneva rapporti professionali ma anche personali. L’artista realizzerà prima un ritratto del Sassetti seduto in un interno con sulle ginocchia il suo figlio più giovane Teodoro e, in seguito, la decorazione pittorica della cappella di famiglia in Santa Trinita a Firenze.
 

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