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Del 21 Ottobre 2023 alle ore 13:57Da Santa Maria (California / USA)
riceviamo e volentieri pubblichiamo 
Il 14esimo emendamento vs Mr. Donald Trump. “Donald Trump non può essere candidato a presidente… a meno che due terzi del Congresso non decidano di concedergli la grazia per la sua condotta il 6 gennaio”. 
Le parole qui sopra riportate circa l’ineleggibilità dell’ex presidente USA intento a ricandidarsi riflettono la posizione espressa dal giurista Michael Stokes Paulsen in un articolo “a quattro mani”, scritto insieme al suo collega William Baude.
    I due giuristi collaborano con la “Federalist Society”, un think tank conservatore la cui filosofia si basa sull’interpretazione “originalista” e cioè fedelmente testuale della Costituzione americana.
    L’articolo di Paulsen e Baude, che sarà pubblicato dalla prestigiosa University of Pennsylvania Law Review, è frutto di un anno di ricerche. Il testo parla di “prove abbondanti” secondo le quali Trump risulterebbe coinvolto in un’insurrezione atta a ribaltare l’esito elettorale del 2020. Gli autori sostengono che l’ex presidente sia responsabile d’aver tentato di cambiare i risultati elettorali mediante frode e intimidazione. Inoltre, Trump avrebbe fatto pressione sul suo vicepresidente Mike Pence affinché questi, durante gli assalti al Campidoglio il 6 gennaio del 2021, violasse la Costituzione non adempiendo ai propri doveri presidenziali.
    Gli autori basano le loro conclusioni circa la conseguente ineleggibilità di Trump alla Casa Bianca citando la clausola 3 del 14esimo emendamento, adottato nel 1868 dopo la Guerra Civile. Tale clausola vieta a chi abbia giurato fedeltà alla Costituzione americana di mantenere o riottenere cariche politiche qualora abbia “partecipato a insurrezioni o si sia ribellato” contro il governo o abbia comunque “assistito o fornito ausilio ai nemici” degli Stati Uniti.
    Nelle loro analisi i due giuristi fanno uso dell’interpretazione linguisticamente originale ai tempi dell’approvazione dell’emendamento per definire che cosa sia una “insurrezione” o che cosa significhi “assistere” i nemici del Paese.
    Il fondatore della Federalist Society, Steven Calabresi ha tributato il suo plauso allo studio di Paulsen e Baude (“tour de force”) e anche Lawrence Tribe, emerito di giurisprudenza alla Harvard University (di tendenze liberal), nonché Michael Luttig, già membro della Corte di Appello Federale (di tendenze conservatrici), concordano ambedue sul punto: Trump sarebbe colpevole di insurrezione.
 

University of Pennsylvania Law Review
 Altri analisti sostengono, tuttavia, che Trump debba essere sconfitto alle urne perché l’applicazione di una legge così vecchia risulterebbe controproducente.
    Il nodo della questione si chiarirà a mano a mano che i segretari dei cinquanta Stati si prepareranno a produrre le liste elettorali. Allora il loro dilemma consisterà nell’includere o escludere Trump dalle competizioni.
    La Costituzione prescrive precise regole per i candidati alla Presidenza, come l’età minima di 35 anni, la nascita dei candidati devono sul suolo statunitense, con conseguente esclusione di cittadini nati altrove e in seguito naturalizzati.
    In tempi recenti alcuni candidati sono stati sfidati con cause frivole che li avrebbero esclusi dalle liste elettorali. Barack Obama fu accusato (falsamente) di non essere nato in America. Ted Cruz, oggi senatore repubblicano del Texas, fu accusato alle presidenziali del 2016 perché nato in Canada, ma in veste di cittadino USA in quanto di madre statunitense, nata negli Usa. Questo per dire che le denunce tese a escludere candidati dalle liste elettorali non sono certo rare.
    Quanto alla candidabilità di Trump le contestazioni si profilano con notevole chiarezza. Numerosi sono i Segretari di Stato che hanno avviato consultazioni atte a determinarne l’esclusione o l’inclusione dell’ex inquilino della Casa Bianca dal novero dei candidati alle prossime elezioni.
    I Segretari di Stato di Nevada, Michigan, Arizona e New Hampshire stanno esaminando la situazione in vista delle presidenziali del 2024, ma anche per le primarie repubblicane. Il segretario di Stato del New Hampshire Bryant “Corky” Messner, che aveva beneficiato dell’endorsement di Trump nel 2020, è stato inondato di chiamate dai sostenitori dell’ex presidente. Un comunicato dell’ufficio di Messner ha informato che finora nessuna decisione è stata assunta sull’ammissibilità di Trump alle primarie repubblicane nello Stato.
    Le cause su questo “caso Trump” saranno inevitabili e verranno avviate non solo da individui, ma anche da gruppi che cercheranno di testare su ciò la Costituzione. Due di questi gruppi – il Citizens for Responsibility and Ethics in Washington (CREW) e il Free Speech for People (FSEP) – stanno mettendo in cantiere cause in diversi Stati onde mettere in forse l’eleggibilità di Trump alle primarie del Partito Repubblicano. Questi gruppi sono impegnati nella difesa di quella Costituzione che Trump, da Presidente (ma anche dopo), ha destabilizzato con parole e atti sopra le righe.
    Il Segretario di Stato dell’Arizona, il democratico Adrian Fontes, ha riassunto molto bene la situazione di ciò che avverrà: appare impossibile che un Segretario di Stato non venga denunciato, qualunque scelta compia, sia per l’inclusione come pure per l’esclusione di Trump dalle liste elettorali. E già si staglia all’orizzonte, dunque, una gran marea di citazioni, ricorsi, esposti, segnalazioni giudiziarie eccetera.
    Ma dove andranno a finire queste denunce? Tutte le strade portano alla Corte Suprema, la quale pende invero a destra, e quindi parrebbe favorevole a Trump, sulla carta. In realtà, però, la Corte Suprema non ha supportato l’ex presidente nei ricorsi sulle elezioni del 2020, benché tre dei giudici siano stati nominati proprio da Trump.
    Questi non si è ancora espresso sulla propria eleggibilità, ma ovviamente interpreterà i tentativi di escluderlo come parte della “persecuzione” subita, additando la “corruzione” del sistema. In realtà il sistema dei pesi e contrappesi ha retto alla sfida trumpista e così il tentativo di ribaltare il risultato uscito dalle urne nel 2020 non ha avuto successo.
    I quattro atti di imputazione penale che Trump sta affrontando – tre sul piano federale e uno nello Stato della Georgia – confermano che il sistema giudiziario, nonostante alcune imperfezioni, sta seguendo il suo corso. Un giudizio sull’eleggibilità verrà, dunque, dal sistema giudiziario. Ma anche nel caso in cui Trump dovesse risultasse eleggibile, la sua vittoria nel 2024 non appare affatto assicurata. I sondaggi al momento lo danno ultra favorito per la nomination repubblicana, ma quelli attinenti al confronto con Biden riflettono un testa a testa. E però mancano i sondaggi su quella decina di swing states, gli Stati “in bilico”, dove gli elettori indipendenti determineranno l’esito delle consultazioni. Sono questi gli elettori che Trump non riesce a raggiungere, ‘congelato’ nei suoi sforzi di mantenere unita la base del Partito Repubblicano. E sono questi elettori indipendenti degli “swing states” che lo hanno sconfitto nel 2020 e che, con ogni probabilità, gli negherebbero di nuovo un secondo mandato.
L’articolo Trump – eleggibilità a rischio negli Usa è già apparso su Corriere di Puglia e Lucania.

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