Del 18 Ottobre 2023 alle ore 21:26Sì, in effetti si tratta di una città con un nome particolare: Addis Abeba infatti significa Nuovo Fiore. Non dà certo un’impressione di “nuovo” all’arrivo, ma per chi ha la curiosità e la pazienza di approfondire la sua conoscenza ci saranno sorprese: la sensazione di staticità che può dare inizialmente si modifica lasciando spazio a una percezione diversa, che potrebbe sorprenderci…La Addis (la chiamavamo e la chiamiamo ancora così) di una dozzina d’anni fa è infatti adesso un’altra cosa, basta osservare il numero di auto cresciuto esponenzialmente. E di sicuro sono in preparazione ulteriori sviluppi.
Una realtà che mette alla prova, e che di certo propone un quotidiano non facile all’inizio: però ci si abitua presto, se si accetta la sfida di integrarsi in una società sì difficile ma anche molto stimolante. Il suo dinamismo è visibile e palpabile nel medio/lungo periodo, è logico che lo sviluppo di certi paesi africani non può procedere con la stessa velocità dell’occidente o del continente eurasiatico. L’importante è che allo sviluppo economico si affianchi il progresso socio-politico: ma come ben si sa, questa è la sfida principale per ogni paese al mondo…
E, proprio per rimanere nell’ambito dell’impatto iniziale per chi arriva, Addis è una città che si sviluppa dal punto più basso (2.400 mt d’altitudine circa, che corrisponde all’aeroporto)) verso quello più alto a 2.600 mt circa (il compound italiano, con l’Istituto Italiano di cultura e le scuole dalla materna alla maturità). La maggior parte dei viaggiatori supera bene queste altitudini improvvise, che si affrontano appena scesi dall’aereo: non sono tuttavia mancati fra noi casi di svenimenti per disturbi pressori, ovvero malori repentini apparentemente senza motivo ma legati a scompensi nell’apparato cardio-circolatorio ecc… E qualcuno è ripartito.
Ma chi è rimasto non se n’è mai pentito, e ne parla ancora con riconoscenza verso un’esperienza inimitabile.
Per il personale che proviene dall’Italia, come noi docenti del Liceo Scientifico, il primo step è cercare casa; trovare un’abitazione confortevole resta di fatto un ottimo inizio (magari vicino al compound, o almeno non troppo lontano…). Personalmente, trovo che la scelta migliore all’inizio sia rimanere a contatto con la realtà locale per “tastare il polso del paese”, per così dire. Per tale motivo, mi sono fermata a lungo all’albergo Taitù, dal nome della (grande) imperatrice, la Regina Taitù Batùl.
Certamente un luogo diverso da quello che noi intendiamo per albergo: i bagni risalivano agli anni ’40, e venivano date enormi camere che per noi sarebbero un monolocale con letti, divani ecc…(e si potevano ospitare i nostri visitatori senza alcuna spesa aggiuntiva, poiché il prezzo non considerava il numero degli occupanti ma il solo spazio dell’unità abitativa).
Temo ci sia stata una sorta di ristrutturazione purtroppo…Speriamo di no, perché in tal modo si sarebbe persa l’atmosfera inimitabile di un luogo storico importante dove si era recato anche Hailé Selassié col suo corteo al seguito e i suoi leoni neri d’Etiopia: ho ancora negli occhi i corridoi e le camere arredate con mobilio anni ’40 o massimo ’50. Successivamente ho affittato una casa, ovvio: magari più comoda ma niente di così particolare, coinvolgente, e tale da lasciarmi un ricordo indelebile…
Grazie, Etiopia.
Sandra Fallaci©
www.momondo.itL’articolo Nuova vita a “nuovo fiore” è già apparso su Il Corriere Nazionale.