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Del 29 Settembre 2023 alle ore 07:53Il governo Meloni pensa di inserire in Manovra fondi per istituire la figura dell’assistente materna, ma nel settore esistono figure, già formate, sovrapponibili
ROMA – È di queste ore la notizia che nella prossima manovra di bilancio il governo Meloni stanzierebbe fondi, tra i 100 e i 150 milioni, per l’assistente materna. Una nuova figura professionale, già collaudata all’estero come per esempio in Francia e nei Paesi nordici, dedicata all’accompagnamento delle neo-mamme nei primi sei mesi post parto. Un assistente, disponibile da remoto e in presenza, per sostenere le donne nella prima fase della maternità con un inquadramento non sanitario (diversamente dal ramo ostetrico, infermieristico o della puericultura) e che non avrà dunque bisogno di una laurea ma di un corso di formazione della durata di sei o nove mesi.
La nuova figura dovrebbe dare risposte ai tanti dubbi che provocano stress e inadeguatezza nelle neo mamme: come fasciare il neonato? Come comportarsi quando si fa il bagnetto? Ha il singhiozzo o piange ininterrottamente? Le modalità operative saranno in parte stabilite con le Regioni: per ora l’idea è un servizio a richiesta delle mamme che disporranno di una ventina di ore per i primi tre mesi dalla gravidanza estendibili fino a sei mesi. L’obiettivo è avere tre assistenti materne ogni 20mila abitanti, quindi il numero delle mamme supportate varierà a seconda dei territori.

Non si è fatta attendere però la reazione della Federazione Nazionale degli Ordini della Professione di Ostetrica (FNOPO). In una lettera indirizzata al ministro della Salute, Orazio Schillaci, e alla direttrice Generale, la dottoressa Mariella Mainolfi, la Presidente FNOPO, Silvia Vaccari, scrive: “Le cure post-natali a sostegno della neomamma rappresentano il ‘core’ dell’attività dell’ostetrica che, osservando e promuovendo la fisiologia, sa riconoscerne tempestivamente la deviazione e la comparsa di situazioni patologiche che possono richiedere l’intervento anche di altri specialisti. La competenza dell’ostetrica che si reca al domicilio delle neomamme, inoltre, può permettere di riconoscere tempestivamente situazioni di violenza domestica o di fragilità psico sociale e attivare conseguentemente percorsi adeguati multiprofessionali”.
“A fronte delle succitate caratteristiche professionali, universalmente riconosciute e acquisite attraverso il percorso accademico- aggiunge la presidente di FNOPO- restiamo sconcertate e indignate di fronte al fatto che il decisore possa immaginare di poter creare nuove figure professionali che vanno tra l’altro a sovrapporsi per competenze a quelle già esistenti. Si ritiene inoltre doveroso sottolineare che, ove fosse confermata la notizia, la gravità dell’iniziativa in questione sarebbe amplificata non solo dal fatto che non si è ritenuto utile consultare preventivamente la scrivente Federazione, ma anche dal fatto che in questi anni non si è ancora provveduto ad assicurare che su tutto il territorio nazionale sia garantita la presenza delle ostetriche per le visite domiciliari in puerperio. Crediamo che il supporto alle madri debba essere in primis garantito attraverso l’apporto professionale altamente qualificato e specialistico delle ostetriche- prosegue Vaccari- che possono promuovere la salute per tutta la famiglia. L’ostetrica di famiglia e di comunità che tanto abbiamo chiesto di attivare avrebbe esattamente anche questo compito. Sono possibili altre forme di sostegno attraverso pasti a domicilio o servizi di lavaggio biancheria o pulizia della casa che non richiedono di inventare nuove professionalità ma solo di trovare soluzioni rispettose dei bisogni delle famiglie, ma anche di chi da sempre se ne fa carico. L’attuazione del PNRR può rappresentare un’occasione per attivare la figura dell’Ostetrica di famiglia e di comunità e finalmente assicurare, su tutto il territorio italiano, con equità la presenza di ostetriche territoriali in numero adeguato ai bisogni della popolazione. È assurdo e ingiustificabile- continua la FNOPO- il fatto che ad oggi le ostetriche non siano esplicitamente previste nelle Case di Comunità e che non venga minimamente rispettato lo standard numerico di ostetriche necessario a garantire una presenza capillare sul territorio. Con queste premesse, nella speranza che la succitata notizia non sia veritiera, auspico in ogni caso che il ministero adotti ogni utile iniziativa atta a sanare le succitate criticità, che certamente non possono essere risolte attraverso la creazione di nuove figure professionali”.
Ma oltre alle ostetriche nel nostro Paese sempre più famiglie si rivolgono alla doula, una figura di sostegno emotivo e pratico nel post partum che ha come focus principale la donna e i suoi bisogni. A raccontarci un po’ del suo lavoro è la doula Silvia Di Domenico: “Ho scoperto di avere un tumore quando è nata la mia prima figlia e avevo bisogno di qualcuno che venisse ad aiutarmi ma questa figura non esisteva. Ecco perché sono diventata doula- racconta all’Agenzia Dire- Ho studiato nel 2010 in Inghilterra dove mi hanno rilasciato un diploma che mi consentiva di lavorare come doula, figura che oggi nel Regno Unito è riconosciuta e specializzata. In Italia ho approfondito con corsi online declinati al benessere della donna: dalla nutrizione all’aromaterapia fino al supporto emotivo. Se oggi tornassi all’estero sarei riconosciuta professionalmente, cosa che in Italia effettivamente non sono. Le famiglie mi trovano tramite passaparola, consultori, asili nidi, ma anche grazie alla collaborazione con le ostetriche. Ci sono tanti corsi che già esistono e formano ‘assistenti alla maternità’, basterebbe fossero riconosciuti al livello ministeriale. Servirebbero linee guida e sarebbe necessario che il Governo, dal ministro Schillaci alla ministra Roccella, sentissero le associazioni di riferimento per fare una standardizzazione che crei parità tra le Regioni, perché le donne hanno bisogno di assistenza allo stesso modo, in tutti i territori”.

“Diversamente dalle ostetriche, il supporto di una doula alla maternità riguarda l’aspetto anche pratico del post partum: dal piegare i panni all’accompagnare la neo mamma ad una visita. È come se parlassimo di oss e infemieri, il primo svolge attività di cura e assistenza alle persone fragili, il secondo invece si occupa della cura prettamente sanitaria- spiega Di Domenico-. Sarebbe bello se doule e ostetriche lavorassero insieme, nel mio percorso c’è già questa collaborazione. L’ostetrica visita la donna- chiarisce Di Domenico- l’affianca per esempio nell’allattamento se c’è una patologia. La doula, invece, rimane nella fisiologia instaurando rapporti necessari a seconda dei bisogni. Necessario è anche citare il ramo della puericultura, questa figura professionale rientra nell’assistenza alla maternità concentrandosi però sul benessere del bambino da 0 a 3 anni. La doula, per ribadire, ha il suo focus sulla donna. Insomma visto che si parla di assistente materna credo sia bene conoscere il nostro mondo. Ci sono sei realtà molto attive sul piano nazionale che sarebbe importante incontrare: Accademia delle Doule, Mondodoula, Mammadoula, 13 doule, Custodi del femminino e Scuola delle doule (adi). In ogni caso- conclude Silvia Di Domenico- il focus di tutto è la donna. Sono felice si voglia creare un supporto riconosciuto in questo momento delicato della vita delle neomamme, sarebbe comunque utile mettere a sistema quello che già c’è“.
(Agenzia DIRE www.dire.it)L’articolo Assistente alla maternità? Ostetriche e doule: “La figura già esiste, il governo ci ascolti” è già apparso su Il Corriere Nazionale.

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