di Alessandra Gentile
Sono trascorsi diversi giorni da quando la terra ha portato scompiglio in un territorio fatto di luci, colori, cultura. Non ho conosciuto il Marocco di persona, me ne hanno parlato libri, documentari, racconti e reportage di persone che hanno avuto l’opportunità di viverlo direttamente, di vederlo con i propri occhi.
I tramonti marocchini, le cromie dei mosaici ornamentali, il fascino delle medine, le voci senza luogo – questa immagino possa essere la sensazione nell’udirle – che percorrono le vie e ne scandiscono le ore. E ancora, il vociare dei mercati o meglio dovrei dire dei bazar, dove le bancarelle sembrano gridare l’una all’altra in attesa del miglior offerente, facendo mostra di stoffe e di creazioni, tutti oggetti che portano impressi la storia di chi li ha realizzati, di chi li vende a coloro che, dopo uno scambio di opinioni e diversi punti di vista, riesce ad accaparrarseli.
Itinerari in mezzo alla terra brulla delle montagne che danno l’idea di rappresentare il confine al di là del quale si tutela la vita, in parte ancora incontaminata, dei piccoli villaggi. Ogni vicolo è silenzio, ma è anche il delicato fruscio dell’esile strato di polvere che si solleva a ogni passo: quello dei pastori, quello degli abitanti, dei fanciulli sorridenti che si rincorrono. L’entroterra brullo e dal color sabbia, che a prima vista appare senza sfumatura per poi, contando sull’alleanza del cielo e del sole, permettere ad altre cromie calde di insinuarsi nei panorami. Attraverso i paesaggi parla l’anima di una terra che respira nelle sue radure, tra le case arroccate e strette in un disordine armonioso che sa proprio di “casa”. Il grigio dell’asfalto accoglie il passaggio di veicoli che attraversano il fronte montano, ma ai bordi non è raro incontrare un gregge, o un anziano che nel suo lungo kaftano, non curante delle modernità del manto stradale, si sposta da un villaggio a un altro.
Mi immagino, così, le dimensioni spazio-temporali marocchine: diverse, ma conviventi. Una legata alla vita agreste degli ameni villaggi dove pulsa un cuore tenace e puro; l’altra, una dimensione temporale contemporanea con centri abitati moderni, luccicanti, spumeggianti con un’avvenenza che attinge in parte dalla storia, dalla tradizione, e in parte dall’innovazione per mescere tutto e attendere che quotidianamente si mostri l’aria variopinta delle città.
Le mani di artigiani sono i pezzi immancabili del patrimonio di ogni territorio che si scopre nel globo, e anche in questa precisa parte del mondo lavorano materiali che diventano parole di un linguaggio che appartiene a un preciso dna. Le botteghe, con le pareti che lasciano sempre aperte uno spiraglio sulla via, mostrano e, allo stesse tempo, tengono al riparo i saperi perché sta al passante fermarsi, sbirciare e dedicarsi a coglierne la peculiarità. La cultura è patrimonio di ogni luogo, è fatta di tanti piccoli pezzettini portatori di contenuti profondi, come profondo è il legame che tiene unito l’uomo alla sua terra.
Il cielo marocchino si presenta vestito di blu cobalto e impreziosito di puntini luminosi, è un cielo che invita alla riflessione, al pensiero.
Questo è il quadro che ammiro nella mia mente pensando al Marocco, ma in queste settimane i colori sono sbiaditi, le forme sono indefinite, perché inaspettatamente una forza ha scosso questa terra. Non tutte le mura sono riuscite a proteggere e l’abbraccio delle case non è riuscito a contenerle tutte. Forza e solidarietà sono le due forze che ora potranno far risollevare il paese, cercando di confortare i cuori marocchini e rimettere in piedi quella porzione che ora si trova in ginocchio. E proprio perché ci arrivano immagini travagliate che portano il dolore di questo territorio vicino a tutti noi, credo sia bene non smarrire quell’unicità che ci tiene stretti alla sua bellezza e alla sua anima.
“Ogni processo di disgregazione dell’ordine del mondo è irreversibile, ma gli effetti vengono nascosti e ritardati dal pulviscolo dei grandi numeri che contiene possibilità praticamente illimitate di nuove simmetrie, combinazioni, appaiamenti…”, Italo Calvino scrive questo nel racconto della pantofola spaiata del bazar di Palomar. E anche per il Marocco ci saranno nuove simmetrie, combinazioni che mostreranno nuovamente tutta la sua energia.
Francesca Girardi
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