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Del 16 Settembre 2023 alle ore 05:11

La guerra non si ferma nel Paese e i conflitti tra i due generali che si contendono il potere limita ogni possibile soluzione o negoziato

di Angelo Ferrari

AGI – La guerra in Sudan non si ferma. Le sofferenze, il numero di morti e sfollati, di moltiplicano in un insensato scontro tra due generali che hanno solo a cuore la conquista del potere. Ma non si vedono, nemmeno, spiragli per una soluzione negoziata. Il generale Abdelfattah al-Burhan, a capo dell’esercito regolare, e le Forze di supporto rapido di Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemeti, non hanno nessuna intenzione di sedersi a un tavolo negoziale per risolvere la crisi.

Anzi, negli ultimi giorni i combattimenti si sono intensificati e si sono fatti, se è possibile, ancora più cruenti estendendosi a molte regioni del paese. Entrambi vogliono arrivare alla vittoria “assoluta” in Sudan. Per che cosa? Difendere interessi economici da sempre nelle mani dei militari. Ogni attività, infatti, è governata dall’esercito e dalle milizie armate: dalle banche alle materie prime, in una suddivisione tra i due uomini forti che, evidentemente, non bastava più a entrambi. I due generali vogliono mettere mano su tutto e non importa se la gente soffre. Proprio oggi sono trascorsi cinque mesi di guerra e di inutile sofferenza, morte, perdita e distruzione.

#Sudan a #Khartoum, i combattimenti continuano. “Sentiamo spesso esplosioni, a volte parecchio vicine” racconta Gina.
Nel nuovo Centro di chirurgia di #urgenza e #traumatologia abbiamo già ricevuto più di 250 pazienti.
Ascolta l’aggiornamento pic.twitter.com/F8hMkwL4gl
— EMERGENCY (@emergency_ong) September 12, 2023
L’Alto commissario delle Nazioni Unite, Volker Turk, ha spiegato che non c’è alcuna tregua in vista, “il mio staff si è recato in Ciad e Etiopia tra giugno e luglio per raccogliere informazioni di prima mano dalle persone fuggite dalle violenze in Sudan. Le loro testimonianze evidenziano le informazioni che il mio ufficio ha ottenuto sulla portata e sulla brutalità di questo conflitto. Abbiamo ascoltato storie di familiari uccisi o violentati. Storie di parenti arrestati senza motivo. Di pile di corpi abbondati nelle strade. Di una fame disperata e persistente”.
Il conflitto, come prevedibile, ha paralizzato l’economia, spingendo milioni di persone sull’orlo della povertà, i servizi essenziali sono sull’orlo del collasso, quasi bloccati, come istruzione e assistenza sanitaria. Più di 7,4 milioni di bambini sono privi di acqua potabile e almeno in 700 mila sono a rischio malnutrizione grave. Sul fronte dei profughi a subire pesanti conseguenze è soprattutto il Ciad, un paese che è preso a tenaglia ai suoi confini, oltre alla crisi sudanese, il colpo di stato in Niger e la chiusura dei corridoi commerciali stanno provocando notevoli problemi di approvvigionamento di materie prime.
La situazione dei profughi che arrivano dal Sudan sta aggravando ulteriormente la situazione. Stando ai dati riportati delle Nazioni Unite, in Ciad sono arrivate 418 mila persone tra rifugiati e ciadiani che hanno deciso di ritornare a casa. Circa l’85% dei profughi sudanesi e il 93% delle persone ritornate in patria sono donne e bambini. In questo contesto, la Banca mondiale ha annunciato una tranche di aiuti da 340 milioni di dollari per sostenere N’Djamena nella gestione dell’accoglienza, nonostante le Ong denuncino che solo il 34% degli aiuti richiesti e’ arrivato per sostenere gli aiuti umanitari.

my country falls to pieces
and my people go missing
one
by one.
Who decides who lives or dies in Sudan? Stop what you’re doing and watch this stunning new poem from World Champion Poet and UNHCR Goodwill Ambassador @EmiThePoet. pic.twitter.com/DS1TXEmoYM
— UNHCR, the UN Refugee Agency (@Refugees) September 12, 2023
Anna Bjerde, direttrice generale per le operazioni della Banca mondiale, ha annunciato il pacchetto di sostegni economici da un campo profughi nel Ciad orientale durante una due giorni di visita congiunta con l’Alto commissario per i rifugiati delle Nazioni Unite, Filippo Grandi. Secondo Bjerde, “la crisi dei rifugiati nell’est del paese sta aggiungendo ulteriore pressione alla fornitura di servizi sociali e alle risorse naturali. Collaborando con l’Unhcr e altri partner, restiamo impegnati ad aiutare le persone piu’ bisognose e a sostenere la ripresa economica a lungo termine e la resilienza della regione”.
Grandi, che a N’Djamena è stato ricevuto da diversi ministri del governo di transizione militare retto dal presidente Mahamat Deby Itno, si è augurato che “l’esempio della Banca Mondiale ispiri altri attori dello sviluppo a intensificare i loro interventi, poiché il Ciad non può essere lasciato solo ad affrontare questa grave crisi”. Aiutare il Ciad, per la comunità internazionale, dovrebbe essere prioritario in una regione martoriata da guerre, colpi di stato e cambio di regimi.
L’opinione pubblica ciadiana sta già soffrendo ed è in subbuglio. La difficoltà a reperire le materie prime e la crisi dei profughi sudanesi, inoltre, potrebbero avere ripercussioni sull’inflazione del paese, già elevata. L’ultimo dato disponibile – riferito ad aprile 2023 – parla di un +12,5%, e di quella alimentare che è arrivata al 18,8% in aumento rispetto al dato precedente, +16%.
La difficoltà di approvvigionamento delle merci, dunque, potrebbe pesare ulteriormente sulle entrate dello Stato, già provate per via di un potere di acquisto che sta progressivamente diminuendo e, quindi, esacerbare ulteriormente gli animi di una società civile che non vede di buon occhio l’attuale regime “ereditato”, dopo la morte di Deby padre, dal figlio.
 
La riproduzione è espressamente riservata © Agi 2023

L’articolo I cinque mesi di inutile sofferenza in Sudan è già apparso su Il Corriere Nazionale.

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