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Del 4 Settembre 2023 alle ore 16:25Flavia De Gregorio, capogruppo capitolino di Azione: «Non voltarsi dall’altra parte rispetto agli orrori prodotti dalla guerra è un impegno che tutti noi dovremmo assumerci per prendere coscienza di cosa accade o è accaduto e di cosa significhi un conflitto per le popolazioni coinvolte»
ROMA – Certe zone nel mondo sono, purtroppo, accomunate da un terribile destino. Di alcune si parla con grande enfasi, di altre molto meno. Eppure, in entrambi i casi, interminabili anni di conflitto hanno portato alla morte milioni di persone o costretto tante altre a lasciare per sempre il proprio Paese per cercare di sopravvivere altrove. Voltarsi dall’altra parte e ignorare tutto questo non serve, al contrario parlarne significa provare a capire meglio cosa è successo e riflettere sull’accaduto. 
In quest’ottica lunedì 4 settembre, a partire dalle ore 17.00, si terrà il convegno, organizzato dal gruppo capitolino di Azione, “Dentro, fuori e oltre la guerra: Siria, Ucraina, Armenia, Afghanistan”, in programma presso la Sala della Protomoteca in Campidoglio. 
Ai lavori, che saranno introdotti e moderati dall’avvocato Livia Siclari, esponente della segreteria di Roma in Azione dell’VIII municipio, prenderà parte, accanto a Flavia De Gregorio, capogruppo capitolino di Azione, Claudio Locatelli, reporter di guerra, esperto di aree di conflitto, esteri e psicologia del terrorismo.
Nel corso dell’incontro sarà raccontata, attraverso lo sguardo di chi l’ha vissuta direttamente sul campo, la guerra in Siria, Ucraina, Armenia e Afghanistan, in modo da riflettere sull’attualità internazionale ma anche sull’importanza dell’indipendenza giornalistica e sul ruolo del corrispondente.
Attraverso televisioni, smartphone e computer tutti noi abbiamo sentito parlare della Siria e dei siriani, guardato l’ultimo aereo americano lasciare Kabul e visto l’inizio delle esplosioni in una notte di febbraio su Kiev; Claudio Locatelli era lì da inviato per le principali testate nazionali e internazionali. 
«Città assediate, civili usati come carne da macello, bombardamenti, attacchi terroristici, orrori e nefandezze di ogni genere. Questa è la guerra. E quando anche il conflitto sembra placato, la sofferenza umana causata non è ancora finita», dice il capogruppo capitolino di Azione Flavia De Gregorio. 
La Siria, ad esempio, è in uno stato di grave crisi da anni. Nonostante il cessate il fuoco del febbraio del 2020, in molte zone i bisogni umanitari sono ancora tantissimi. Il conflitto ha causato centinaia di migliaia di morti, sfollamenti di massa e distruzione di infrastrutture civili: tra il marzo del 2011 e quello del 2021 sono state uccise 350.209 persone, quasi una persona su 13 era un bambino. Dall’inizio della guerra, peraltro, questo paese sta anche affrontando una terribile crisi economica, aggravata da pandemia e terremoti. Una situazione sconfortante, non molto diversa da quella che caratterizza tutte le zone in cui si sviluppano conflitti bellici. Secondo Amnesty International i mesi immediatamente precedenti al crollo del governo a Kabul “sono stati segnati da ripetuti crimini di guerra e dall’implacabile spargimento di sangue commesso dai talebani, ma anche dalle morti causate dalle forze afghane e statunitensi”. Nel conflitto in Afghanistan, durato venti anni, stando alle stime più riduttive, si contano circa 170.000 civili morti. Inoltre, soltanto nei primi sette mesi del 2021 l’Onu calcola che ci siano stati 360.000 sfollati. Tantissime anche le vittime di massacri, gli stupri, le torture sui prigionieri compiute da entrambe le parti. Laddove la situazione economico-sociale è critica, l’allarme è maggiore. L’Ucraina, ad esempio, dal 2014 stava affrontando una crisi umanitaria a seguito dell’attacco in Donbass e Crimea, ma il Paese era in seria difficoltà già prima di allora: tra quelli europei, infatti, è secondo solo alla Moldavia per povertà e presenta un reddito nazionale lordo pro capite di 13.216 dollari, generato in buona misura grazie alle rimesse dei lavoratori ucraini all’estero. In casi come quello dell’Ucraina l’effetto della guerra è ancora più devastante sulle persone: già prima dell’invasione russa, era collocata al 74° nel mondo per il profilo di salute. Oltre tutte le altre cose, infatti, il conflitto altera ancora di più un sistema sanitario già vacillante, incidendo in maniera pesante e duratura sulla salute della popolazione.
In Armenia una nuova guerra con Azerbaigian potrebbe essere alle porte: la tregua del 1993 ha concluso i primi scontri scoppiati tra i due paesi, ma i negoziati di pace non hanno mai portato a una fine definitiva del conflitto. Il risultato è che negli ultimi anni vecchie tensioni si sono rinvigorite e adesso un nuovo conflitto si profila all’orizzonte. Nel frattempo, il solito triste scenario: una situazione sempre più critica per la popolazione, la difficile eredità degli scontri da gestire, sogni distrutti, vite spezzate. E tutto intorno la devastazione più totale. Perché anche qui, come altrove, la tragedia ha infettato tutti gli aspetti della vita.
«Non voltarsi dall’altra parte rispetto agli orrori insiti nella guerra è l’unico modo che abbiamo per prendere coscienza di cosa accade o è accaduto intorno a noi. Non possiamo ignorare le ripercussioni dei conflitti bellici su luoghi e popolazioni coinvolte. Al contrario, anzi, è essenziale mantenere alta l’attenzione e non lasciare che questi con tutte le conseguenze che comportano nel breve, medio e lungo termine finiscano del dimenticatoio», ha concluso Flavia De Gregorio, capogruppo capitolino di Azione. L’articolo Dentro, fuori e oltre la guerra: in Campidoglio un convegno di Azione è già apparso su Il Corriere Nazionale.

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