di Serena Campanella
Dopo la manifestazione presso la Casa Circondariale Lorusso-Cotugno di Torino, del 24 agosto 2023, a supporto dei detenuti all’interno della struttura e per richiedere maggiori tutele a loro nome, dal comitato torinese “Mamme in piazza per la libertà di dissenso” viene indicata l’iniziativa del movimento a rete nazionale “Sbarre di zucchero”.
Il movimento nasce nell’agosto 2022, a seguito del suicidio della detenuta Donatela Hodo presso la sezione femminile del carcere di Verona. Donatela si è tolta la vita nella notte tra il primo e il 2 agosto dello scorso anno, usando una bomboletta di gas nella sua cella e lasciando un ultimo biglietto per il suo fidanzato.
Dopo l’ennesimo tragico epilogo in una casa circondariale italiana, Micaela Tosati, amica ed ex compagna di cella di Donatela si è attivata, contattando Monica Bizaj, con cui hanno fondato in pochi giorni, dopo la perdita di Donatela, il movimento “Sbarre di zucchero” che ha avuto un sorprendente successo comunicativo.
Il movimento, infatti, è stato sostenuto anche dall’elemosiniere del papa e Micaela Tosato, con l’Avvocato Alessandro Erasmo Costa, referente a Roma di “Sbarre di zucchero”, è stata ricevuta in udienza da Francesco stesso.
Le cause del movimento vengono sostenute da personaggi dei più disparati settori, cattolici e laici, come anche quello dello spettacolo. Monica Bizaj, nella nostra intervista, fa l’esempio di Zucchero Fornaciari, che si è impegnato col movimento donando indumenti nuovi per i detenuti nel carcere di Rovigo, durante il periodo invernale di distribuzione di indumenti caldi per i detenuti.
Monica Bizaj è cofondatrice del movimento con Micaela Tosato. Ex moglie di un detenuto, Monica ha affiancato il suo ex marito durante il suo percorso di detenzione in varie carceri tra il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia ed è spontaneamente diventata una volontaria su Facebook, dove veniva contattata dalle famiglie dei detenuti in casi di criticità, in modo che potesse attivare il tessuto solidale e contattare le garanti e i garanti dei detenuti. Il suo ex marito è stato testimone di esempi di malasanità negli istituti penitenziari e della facilità con cui vengono somministrati psicofarmaci ai detenuti, soprattutto in assenza di controllo psichiatrico. Non si assiste, quindi, a un utilizzo farmacologico adeguato e a un percorso medico necessario, soprattutto per i tossicodipendenti e i pazienti psichiatrici, come viene segnalato anche dal dott. Camillo Smacchia, direttore del S.E.R.T di Verona e riferimento medico per il movimento. All’interno degli istituti la somministrazione e l’abuso di psicofarmaci rimane una problematica fondamentale da sviscerare e la presenza di detenuti con diagnosi psichiatriche o con problemi di tossicodipendenza viene contestata sia dal tessuto solidale, che ruota attorno alle condizioni dei detenuti, sia da alcuni sindacati della Polizia Penitenziaria.
Monica segnala, infatti, che “Sbarre di Zucchero” è già in collaborazione e in comunicazione con i sindacati Co.S.P., Alsippe e UILPA, richiedendo insieme migliori condizioni all’interno delle strutture penitenziarie sia per i detenuti, che per i lavoratori che li affiancano. Le due parti, in questo caso, hanno deciso di fare fronte comune presentando le stesse istanze e cercando di far sentire più voci contro altre richieste, come quella di introdurre l’utilizzo dei teaser, sostenuta dal sindacato di Polizia Penitenziaria Sappe.
I tre sindacati e la rete di solidarietà nazionale richiedono la detenzione di soggetti tossicodipendenti e affetti da disturbi psichiatrici in strutture con personale competente nella gestione dei loro bisogni, come comunità terapeutiche e istituti di cura psichiatrica. Per garantire un trattamento ottimale ai detenuti e per non delegare gestioni e conseguenze al personale carcerario che, al momento, non dispone della formazione e delle competenze necessarie alla gestione di detenuti con simili bisogni e alle situazioni che si vengono a creare. La richiesta non è solo quella dell’inserimento altrove di questi detenuti, ma anche quella di assicurare cure mediche specifiche all’interno delle carceri, di garantire maggiore presenza di psicologici, educatori e mediatori culturali, come facevano presente anche “Mamme per la libertà di dissenso” nel caso torinese del Lorusso-Cotugno.
Il tentativo di collaborazione tra la rete di solidarietà e i sindacati di Polizia Penitenziaria potrebbe rivelarsi la convergenza di interessi fondamentale al raggiungimento di un obiettivo comune: migliori condizioni per tutti coloro che vivono giornalmente nelle carceri italiani, sia per chi sconta una pena, sia per chi svolge il proprio lavoro.
Queste organizzazioni, tutte insieme, non denunciano solo l’abbandono dei detenuti a se stessi da parte dello stato, ma anche l’abbandono dei propri lavoratori all’interno del contesto.
Maggiori diritti per tutti, che verranno richiesti, secondo comunicato stampa di “Sbarre di zucchero”, “Ristretti Orizzonti” e “Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia” a Roma, il 16 settembre 2023.
Attualmente le tre organizzazioni sono impegnate non solo per l’evento romano, ma anche in una richiesta continua di fondare un sistema rieducativo nelle carceri, con maggiore offerta formativa e lavorativa, per applicare al meglio l’art.27 della Costituzione e fare in modo che fuori dalle mura della reclusione, gli ex detenuti possano essere reintrodotti in società, evitando escamotage come piccole mansioni interne alle carceri che poi si dimostrano infruttuose all’esterno.
All’incontro di Roma ci si impegnerà anche per la richiesta di maggiori contatti con le famiglie per i detenuti a cui, attualmente, sono consentiti 10 minuti settimanali di contatti telefonici. L’iniziativa “Direttore concedimi una telefonata” è nata a maggio di quest’anno ed è sostenuta dalla Senatrice Ilaria Cucchi. In periodo pandemico, per due anni, i detenuti hanno avuto diritto a maggiori contatti telefonici con i famigliari, nelle carceri meglio gestiste sono stati concessi anche incontri telefonici giornalieri. Se dal punto di vista gestionale è stato già possibile garantire tale trattamento, le tre organizzazioni del comunicato stampa chiedono al Ministero della Giustizia la reintroduzione della pratica.
Ma questo dimostra soprattutto che un modo per fare fronte comune tra i vari protagonisti dell’ambiente carcerario c’è e la rete di solidarietà e tre sindacati della polizia penitenziaria ce lo stanno già dimostrando.
Contro le dinamiche di antagonismi nei penitenziari, c’è l’alternativa presentata da movimenti, comitati e sindacati, che possono farsi forza reciprocamente nel tentativo di garantire migliori condizioni per tutti quelli che difendono. Adesso, direzione Roma.