Per millenni, usando le mani per procurarsi da vivere, l’uomo si è rassegnato a dipendere dalle leggi del Creato. E grazie a l’intelligenza del fare, ha riempito il mondo di capolavori immortali che ancora reggono all’acqua, vento, sole, uragano e terremoto. E ora sono tanto invidiati e ammirati da attrarre inesauribile turismo culturale portatore di ricchezza.
Pensate alle Piramidi o ai capolavori che abbiamo ereditato noi italiani in 12 secoli di civiltà romana.
Poi, piano piano, i filosofi sono riusciti a convincere l’umanità che la civiltà del fare è faticosa e povera; non rende comoda e ricca la vita come la civiltà del pensare, che ti consente di arricchire sfruttando il lavoro manuale altrui rischioso e mal pagato.
Basta “dissodarsi” i neuroni anziché la terra, per illudersi che l’uomo istruito può mettere il Creato a proprio servizio.
E in 25 secoli l’operazione è perfettamente riuscita. Ora il mondo straripa di pensatori e parolieri che arricchiscono usando le mani dell’abuso di potere, per svuotare le tasche dei lavoratori sfruttati e squattrinati.
Tant’è che del lavoro manuale dignitosamente retribuito, ora in Italia si sono perdute pure le impronte digitali e il Creato si è rassegnato a retrocedere dalla condizione di padrone servito, a quella di servo dei suoi servi.
E per convincerci della sua entusiasta disponibilità, persino le montagne ci vengono incontro franandoci addosso; acqua, grandine e vento allagano e sfondano case, auto, coltivazioni e Industrie. E la siccità di danni ne fa almeno altrettanti.
La civiltà del fare è stata la giusta soluzione per milioni di generazioni, mentre ora la civiltà del pensare e dire soltanto le cose che ci aiutano a truffare o derubare di ricchezza e potere la collettività, da un secolo sta mandando in rovina i vecchi capolavori, sta imbarbarendo l’intera umanità, sta devastando la natura di sfruttamento e avvelenamento e fatica non solo a garantire pane e acqua ai poveri che sono ormai due terzi della comunità mondiale. Ma fatica persino ad evitare Il tracollo delle banche.
Salvo eccezioni, cos’è che rende utile la mano e dannoso il cervello persino dei massimi esperti del mondo della cultura?
Un intellettuale che realizzava personalmente le sue idee per controllare la validità e correggere a sue spese gli errori, diceva:
“I burocrati, gli ideologi e i politici sono coloro che credono d’aver capito tutto della realtà senza mai essere entrati in contatto con la realtà”.
Potrei sbagliarmi, ma credo che questo signore abbia capito perché il pensiero degli accademici rischia di essere più dannoso dell’azione degli ignoranti e persino degli stupidi.
Perché l’ignorante che agisce, guadagna consapevolezza dai suoi errori correggendoli, sia pure con altri meno gravi.
Invece l’intellettuale “puro”, non avendo la percezione dell’utilità o del danno che produrrà l’attuazione del suo pensiero per mano altrui, continua a sbagliare a vita.
E quando risulta evidente che la montagna ha partorito un topolino (come il comunismo schiattato in tre quarti di secolo) è troppo tardi per cambiare rotta.
E il liberismo straripante di pensatori e parolieri socialmente improduttivi se non fallimentari, è condannato alla stessa fine.
L’intelligenza del fare forse iniziata nelle caverne, ormai è adulta e vaccinata.
Mentre l’intelligenza del pensare, con i suoi 25 o 30 secoli di pura filosofia, è assolutamente negativa, se chi ha il potere di progettare un sistema sociale non corre ai ripari pensando, facendo e correggendo anche a proprio danno.
Perché usare il potere per pensare a danno della collettività, è un lavoro che riesce perfettamente anche allo scemo del villaggio.
Franco Luceri
foto fondazione Giangiacomo Feltrinelli