Del 25 Agosto 2023 alle ore 00:56Giovani, inesperte, creative e spesso fragili: le startup innovative in Italia crescono a dismisura ma devono fare i conti con l’alto tasso di mortalità e la possibilità di non sopravvivere.
Peekaboo, incubatore certificato e B-Corporation, fornisce alcuni consigli per evitare tre degli errori più frequenti compiuti dalle startup durante la primissima fase della vita aziendale, spiegando inoltre come è mutato il mercato dell’innovazione negli ultimi anni in Italia.
L’Osservatorio Trimestrale sul Venture Capital in Italia, realizzato da Growth Capital e Italian Tech Alliance, evidenzia che nel secondo trimestre 2023 sono stati 273 i milioni di euro investiti in startup, rispetto ai 204 milioni del trimestre precedente. Inoltre, si è registrato un aumento del 34% in startup e Pmi innovative, con 70 round d’investimento, di cui 13 round di Serie A e 2 di Serie B.[1] Facendo un passo indietro, già durante il terzo trimestre del 2022 in Italia si era registrata una crescita delle startup innovative, che hanno raggiunto il numero di 14.708, con un valore medio di produzione di circa 211.000 euro. Se il mercato risulta vivere quindi una fase di crescita, è anche vero che studi recenti, curati da Startup Genome, hanno dimostrato come le startup innovative abbiano un tasso di mortalità a 18 mesi dalla nascita di circa il 92%: ciò significa che solo 8 su 100 riescono a sopravvivere.[2]
I tre errori più frequenti commessi dalle giovani startup
Come è possibile quindi riuscire a far sopravvivere la propria startup durante la primissima fase di vita aziendale? Secondo Peekaboo, incubatore certificato e B-Corporation che supporta startup corporate nello sviluppo di modelli di business sostenibili, i giovani startupper commettono di frequente tre errori nel primo periodo di vita della propria realtà.
Non investono nella formazione imprenditoriale. Laddove non si conoscono i framework, infatti, il rischio di fallimento dell’iniziativa nei primi mesi è altissimo. Se si è alle primissime armi è quindi utile fare un lavoro di conoscenza preliminare, mentre se si è già in possesso delle competenze necessarie si può eludere questo step e andare direttamente a lavorare sul business model. Startup diverse necessitano quindi interventi differenti, motivo per cui la metodologia standardizzata risulta ormai obsoleta, rendendo al contrario necessario un percorso di pre-accelerazione personalizzato e flessibile.
Pensano che l’unico obiettivo sia quello di trovare fondi per i propri progetti, senza prima individuare quali saranno i propri clienti di riferimento futuri e senza conoscere lo scenario competitivo, il mercato di riferimento e la strategia di sviluppo ottimale.
Legato a quest’ultimo fattore vi è il rischio che, se si dà una cattiva impressione ad un investitore – essendo il mercato delle startup non ancora così ampio – questo può influenzare anche l’idea di altri investitori. Obiettivo degli incubatori è quindi cercare di evitare questo scenario, facendo comprendere alle startup che si affidano a loro quando è il momento giusto per parlare con gli investitori e suggerendo i più adatti a seconda del settore in cui operano e della fase di vita in cui si trova la startup.
Nuovi percorsi per nuove esigenze di mercato
Se da una parte le neonate startup non possono non tenere a mente questi errori quando si trovano nella loro primissima fase di vita aziendale, è anche vero che coloro che si occupano di offrire percorsi di pre-accelerazione non possono prescindere dai cambiamenti di mercato e dal contesto in cui queste nascono e germogliano.
Di recente Peekaboo ha infatti lanciato un nuovo percorso di pre-accelerazione, passando dal Lean Startup Program ad un modello individuale, personalizzato, calibrato sulle caratteristiche del singolo progetto e finalizzato a una crescita reale e a una relazione studiata con investitori in target.
“Questo cambio di rotta è stato necessario per poterci adeguare alle esigenze e aspettative degli imprenditori. Abbiamo notato che il mercato negli ultimi anni è mutato e ha subito una vera e propria rivoluzione dal punto di vista culturale. In particolare, gli anni della pandemia sono stati cruciali per comprendere quanto l’innovazione debba considerarsi centrale nel nostro Paese.” – ha commentato Federico Belli, COO e CO-Founder di Peekaboo.
In Italia, infatti, si è smesso di essere autoreferenziali e ci si è aperti anche agli investimenti dall’esterno, accogliendo strumenti, persone, capitali e interlocutori internazionali. L’Italia si è spalancata quindi ad un mercato esterofilo e non più solo domestico.
In questo contesto, Peekaboo, nato nel 2015 – quando ancora il mercato del venture business valeva circa 150 milioni di euro, contro il miliardo e mezzo di valore aggregato raggiunto nell’ultimo anno – fino ad oggi ha collaborato con più di 300 startup, interfacciandosi con più di 1000 founder. Nell’ultimo anno ha supportato startup come Bufaga, Ticketoo, BEAWaRe, Cyclando e Cents, aiutandole a raccogliere più di 2 milioni di euro in 18 mesi. Tra queste, Bufaga ha chiuso un seed-round da 240.000€ con il supporto di investitori internazionali, mentre Cyclando ha ottenuto +500.000€ in equity crowdfunding.
[1] Fonte
[2] FonteL’articolo I tre errori più frequenti commessi dalle giovani startup: i consigli di Peekaboo per evitarli è già apparso su Il Corriere Nazionale.