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Del 19 Agosto 2023 alle ore 14:56I Sicani e gli Elimi di origine indoeuropea sono i popoli di stirpe mediterranea, per certi aspetti vicini ai latini, che abitarono la Sicilia e che influenzarono il sacro sentire della loro epoca. La loro “religione naturale” nell’evolversi assunse un aspetto antropomorfico; alle divinità naturali considerate vere potenze naturali, vennero attribuite forme e virtù tipiche dell’essere umano. Gradualmente, per spiegare la realtà, si crearono le condizioni ideali che portarono alla nascita dei miti, i cui protagonisti erano, anche gli eroi più o meno celebrati, creati dalla fantasia dell’uomo. Quando ai miti si iniziò a dare un’interpretazione simbolica, la religione cominciò a propendere verso forme spirituali superiori liberando le divinità dagli elementi animistici che le avevano caratterizzate inizialmente.
Ecco, quindi, che attorno ad alcune divinità (Dioniso, Demetra, Cibele, Iside ecc.) nacquero quelle religioni chiamate misteriosofiche (dal greco mystes), caratterizzate da una serie di riti segreti compiuti dagli adepti e definite “religioni di salvezza” interiore, o ultraterrena. Saranno proprio i culti misteriosofici pagani a preparare l’humus culturale predisponente al diffondersi del cristianesimo. L’esigenza di una forma religiosa diversa da quella puramente animistica scaturì dal desiderio di riscatto dalle frustrazioni, da parte delle classi emarginate, escluse dalle cerimonie religiose. In queste, così come nella religione cristiana, il sacrificio è l’elemento che conduce alla salvezza; la stessa divinità, subisce spesso atroci supplizi ed è, di solito, destinata ad un trapasso violento. Il Cristianesimo in seguito recepì ed incorporò alcuni aspetti delle religioni pagane, come qualche festa ed alcune delle stesse divinità pagane furono trasformate in Santi.
Quando ancora il paganesimo non era stato completamente soppiantato, i primi “teorici” del cristianesimo emergente, per giustificare, in qualche modo, la sopravvivenza dei vecchi culti, arrivarono, addirittura, a teorizzare una sorta di Teogonia cristiana dove l’origine dei demoni veniva più o meno spiegata in questo modo:“Dopo che Dio creò l’universo, volle che gli angeli visitassero il mondo, qui furono adescati dal diavolo che li fece suoi adepti. Gli angeli divenuti ormai ministri del diavolo, vollero sottrarsi al dominio del signore, per cui si ribellarono, per questa azione furono cacciati dal cielo, e condannati a diventare demoni. Sulla terra, gli angeli divenuti demoni, si diedero nomi di dei, si fecero costruire dagli uomini dei templi dopo averli ammaliati con magie e arrogandosi la capacità di predire il futuro.” In Siria, su un’iscrizione, posta a ricordo di un tempio pagano, trasformato in chiesa cristiana probabilmente nel 514 d.C., si legge: “Divenne casa di Dio quello che era albergo di demoni: la luce salvatrice rifulse, ove era nascondiglio di tenebra; ove erano i sacrifizii degli idoli ora sono i cori degli angeli; ove Dio era irato, ora Dio è pietoso”. Nella mitologia greca Artemide viene sovente descritta come cacciatrice notturna, accompagnata dalle ninfe. Con l’arrivo del cristianesimo, Demetra diventa il demonio che di notte guida le ninfe, diventate, ora, streghe. Mitologia e religione sono correlate, anche se sussistono i miti legati ad eroi umani. Nella religione cristiana, il battesimo è il sacramento che affranca dal peccato originale, iniziando alla nuova vita religiosa. Il sacramento della cresima, che prepara ad essere “soldato” di Dio, ha una certa analogia con il sacramento con cui gli iniziati di Mitra raggiungevano il grado di soldati della fede. I sostenitori del cristianesimo, inoltre, si appropriarono degli stessi luoghi che erano stati utilizzati per i culti pagani. In Sicilia moltissime sono le chiese sulle cui fondamenta, sorgeva, in origine, un tempio pagano.
Ad Agrigento, la cattedrale di S. Maria delle Colonne, fu innalzata al posto di un tempio dorico, identificabile forse con l’Athenaion eretto da Terone nel 488 a.C.. Anche il tempio dedicato a Demetra, vide sorgere al suo posto la chiesetta medioevale di S. Biagio. A Taormina, sotto la chiesa di S. Pancrazio, sono ancora visibili i resti del tempio dedicato ad Iside e Serapide.
Il miglior esempio è forse dato dal duomo di Siracusa che incorpora le colonne di un tempio dorico del V sec. a.C. Il complesso sacro più importante dell’isola è sempre stato quello che sorgeva proprio al centro di Ortigia, nel, punto più elevato, dove oggi si erge il Duomo che conserva i resti dell’Athenaion (480-470 a. C.) e racchiude tutta la successiva storia della città. Ad un primo tempio eretto nel VI sec. a.C., si sostituì il Tempio di Atena innalzato, dal tiranno Gelone in onore della dea, con i proventi della fatidica e schiacciante vittoria a Himera (480 a.C.) contro i Cartaginesi. Diodoro tramanda che nel corso della prima grande battaglia vinta contro i Cartaginesi in Africa, il favore della dea si manifestò con il calare sull’esercito siracusano di alcune civette, uccello sacro ad Atena. Sul lato sinistro, sia all’esterno che all’interno dell’edificio, sono ben visibili le imponenti colonne doriche e lo stilobate sul quale esse poggiavano, in calcare locale, mentre altri resti (tegole esterne in marmo delle Cicladi e gocciolatoi a forma di testa di leone) sono conservati al Museo archeologico regionale Paolo Orsi. L’Athenaion era esastilo e periptero, con 14 colonne sui lati lunghi; secondo Ateneo, il frontone recava il grande scudo della dea in bronzo dorato che dalla sua elevata posizione indicava la via ai naviganti.
Da Cicerone, che elenca gli ornamenti depredati da Verre, sappiamo che aveva sulla porta decorazioni in avorio, borchie d’oro e una serie di tavole dipinte che raffiguravano un combattimento di cavalleria tra Agatocle e i Cartaginesi e 27 ritratti dei tiranni della città. Il tempio dorico nel VII sec. venne trasformato in chiesa cristiana dai Bizantini, innalzando mura a chiudere lo spazio tra le colonne del peristilio e aprendo otto arcate nella cella centrale per permettere il passaggio alle due navate laterali così ottenute sul lato nord e sud con una spessa cinta muraria, che fu eretta dalla peristasi alla trabeazione ed interrotta da strette finestre strombate e leggermente plasmate nella cornice, le quali indirizzano volutamente la luce verso l’altare maggiore. Per unifìcare lo spazio interno si dovettero demolire i tramezzi tra la cella, il pronao e l’opistodomo. L’orientamento fu rovesciato, per volgere ad est il coro della chiesa che occupa il posto della facciata del tempio. Durante il periodo bizantino il vescovo Zosimo nel VII d. volle che l’Athenaion accogliesse le funzioni del cristianesimo e consacrò la nuova basilica dedicandola alla natività di Maria.
La chiesa, convertita in moschea durante la dominazione araba, venne rimaneggiata in epoca normanna con sostanziose modifiche nell’XI secolo e durante il periodo spagnolo. Di quest’ultimo conserva il soffitto ligneo e il pavimento con intarsi marmorei. Il terremoto del 1693 causò il rifacimento della facciata ridisegnata in forme barocche nel XVIII sec. su progetto del palermitano Andrea Palma che utilizzò come modulo compositivo basilare la colonna. La conversione dell’edificio sacro avvenuta senza sradicare il sedime del tempio, lascia percepire il fluire degli strati del tempo come in un’istantanea, dove le forme d’arte sacra e pagana sono plasmate le une nelle altre, ma rimaste delineate nelle loro singole peculiarità.
L’ingresso è preceduto da una gradinata fiancheggiata dalle statue dei SS. Pietro e Paolo e di Ignazio Marabitti (1746). Il prospetto presenta due ordini sovrapposti coronati da un frontone ed è caratterizzato dalle maestose colonne corinzie a tutto tondo e dalle cornici aggettanti; le statue di S. Marziano, della Vergine del Pilar e di S. Lucia nelle nicchie sono anch’esse opera del Marabitti. La ricca cancellata d’ingresso, ornata da grandi colonne tortili lungo le cui spire si avvolgono rami d’uva, introduce all’interno della chiesa con pianta basilicale e a tre navate. Nella prima cappella di destra è accolto il Battistero, un fronte battesimale costituito da un vaso marmoreo di età normanna adorno di sette leoncini di bronzo del XIII sec. dietro il quale fanno capolino i rari mosaici arabo-normanni. La Cappella di S. Lucia, attribuita a Pompeo Picherali, costruita nel XVIII secolo, ospita un altare decorato da un paliotto argenteo di Decio Furnò sul quale è posta la nicchia che accoglie il simulacro argenteo di Santa Lucia (patrona della città), sorretta da una cassa con 6 bassorilievi, opera del palermitano Pietro Rizzo (1599). La Santa, alla quale furono tolti gli occhi, fu martirizzata dai Romani il 13 dicembre del 304; per tale ragione è considerata la protettrice della luce e dei non vedenti. Più avanti, la Cappella del Sacramento voluta, nel XVII secolo, dal vescovo Torres e attribuita a Giovanni Vermexio. L’altare ospita un palio marmoreo (1762) di Filippo della Valle con l’Ultima Cena sopra il quale è posto un ciborio di Luigi Vanvitelli (1752). Nella volta a cupola ottagonale, scene del Vecchio Testamento, di Agostino Scilla. L’altare maggiore, di età barocca, attribuito a Giovanni Vermexio, ha per mensa un blocco dell’architrave del tempio, crollato col terremoto del 1693. Sull’altare una grande tela raffigurante la Natività della Vergine. La cattedrale raccoglie anche molte statue dei Gagini tra cui quella della Vergine (di Domenico) e di S. Lucia (di Antonello) lungo la navata laterale sinistra e la Madonna della Neve (di Domenico Gagini) nell’abside sinistra.L’articolo La Cattedrale di Siracusa. Disamina storico artistica a cura del Critico d’arte Melinda Miceli è già apparso su Il Corriere Nazionale.

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