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Il Rossini Opera Festival 2023 (11-23 agosto), giunto alla 44a edizione, ha presentato al pubblico per la prima volta tre opere serie del Compositore pesarese (tutte svoltesi presso la Vitifrigo Arena), di cui due nuove edizioni: Eduardo e Cristina (11-14-17-20) e Adelaide di Borgogna (12-16-19- 22).
La prima -che rappresenta il 39° e ultimo titolo del catalogo operistico rossiniano- è stata spesso liquidata come un ‘centone’ (ampio ricorso alla tecnica dell’autoimprestito, attingendo ad opere precedenti), dimenticando che quella pratica era una costante nella storia dell’opera e Rossini non era certamente l’unico ad attingervi (Donizetti, ad esempio, non era da meno). Dimentichiamo che il melodramma – anche ad Ottocento inoltrato, periodo di cui parliamo- continuava ad essere qualcosa ‘da costruire su commissione, da smontare e rimontare a seconda delle esigenze’, come è stato scritto più volte.
Occorre però sapere che Gioachino non si limitò a ‘spostare’ la sua musica da altri lavori: la sottopose -riscrivendola a memoria- ad una revisione consona e aderente alla nuova destinazione: é quanto hanno scritto con attenzione e perizia Andrea Malnati e Alice Tavilla, gli studiosi che hanno curato la prima edizione critica dell’opera che ha inaugurato l’11 agosto scorso l’odierna edizione del ROF.
L’aspetto stupefacente è che quest’opera (presentata per la prima volta al Teatro ‘San Benedetto’ di Venezia il 24 aprile 1819) funzionava al tempo e funziona ancor oggi.
La nuova edizione (Orchestra Sinfonica della RAI guidata da Jader Bignamini) si avvale della regia (scene e costumi) del trentino Stefano Poda, reduce dal successo di ‘Aida’ che ha realizzato per il 100° Festival in Arena (la prima in Mondovisione RAI).
L’apertura del sipario mi ha fatto trasalire, poi restare a bocca aperta. Non me l’aspettavo proprio. La scena (l’unica), decisamente di grande impatto, racchiude numerosissime sculture di corpi e forme umane archiviate, una specie di deposito museale che diventa quinta teatrale. I colori sono neutri. Io e gli spettatori vicino a me abbiamo pensato (anche se solo per un momento) alla ‘Guernica’ di Picasso (c’è chi pensava si trovarsi in un laboratorio di medicina legale). Ne sentiremo parlare e molto!
La seconda nuova produzione, Adelaide di Borgogna, è firmata dal francese Arnaud Bernard che – grazie all’aiuto di ottimi collaboratori (Alessandro Camera per le scene, Maria Carla Ricotti per i costumi, Fiammetta Baldiserri per le luci) e con la consueta cura quasi maniacale di dettagli, scene e controscene – ricorre al cd ‘teatro nel teatro’, la sovrapposizione delle vicende private degli interpreti con quelle rappresentate, accostando un allestimento tradizionale con belle scene dipinte all’antica (un’arte che purtroppo si sta perdendo) alla vita frenetica dietro le quinte. L’orchestra della Rai è stata eccezionalmente diretta da Enrico Lombardi, a seguito dell’incidente stradale occorso al M° Francesco Lanzillotta.
E infine…Aureliano in Palmira (12-15-18-21 agosto) nella riedizione del regista Mario Martone del 2014, premiata come ‘Best Rediscovered Work’ agli International Opera Awards di quell’anno. Racconta la conquista della città (al tempo appartenente all’Impero persiano) da parte dell’Imperatore romano Aureliano (che rientrerà a Roma nell’anno 274 con una processione trionfale di 20 elefanti, 4 tigri reali e più di 200 animali esotici, seguiti da circa 1.600 gladiatori).
Musicata su libretto di Felice Romani (che l’anno successivo scriverà per Rossini ‘Il Turco in Italia’), ‘Aureliano in Palmira’ è la seconda opera composta dal musicista pesarese per la Scala, dopo ‘La pietra del paragone’ del 1812.
La prima rappresentazione, avvenuta il 26 dicembre 1813, all’apertura della stagione musicale (ora anticipata al 7 dicembre) non ebbe il successo sperato per ragioni incomprensibili, comunque indipendenti dall’esecuzione: le scene erano firmate da Alessandro Sanquirico (che per il Compositore curerà personalmente la prima assoluta de ‘La Gazza Ladra’ il 31 maggio 1817), mentre Alessandro Rolla era ‘primo violino, capo d’orchestra’. Nulla da dire anche sotto il profilo del cast: vi figurava il soprano portoghese Lorenza Correa nella parte di Zenobia, ritenuta ‘una delle più belle voci femminili che siano state sentite da quarant’anni a questa parte’ (Stendhal), mentre il celebre tenore Giovanni David – che aveva dato forfait all’ultimo momento – fu sostituito dal sopranista Giovanni Battista Velluti, ammirato e stimato ovunque.
Rossini -che nei giorni precedenti aveva scritto ad amici di aver composto musica divina- commentò con il solito argume: ‘Un fiasco però bello!’.
Probabilmente, inviando il denaro alla madre come faceva d’abitudine, preannunciò l’esito dello spettacolo disegnando un fiasco sulla busta!
Il Festival prosegue con ‘Il Viaggio a Reims’ (ideato da Emilio Sagi e ripreso da Matteo Anselmi), con i cantanti dell’Accademia Rossiniana ‘Alberto Zedda’, concerti lirico-sinfonici e di belcanto (tutti presso il Teatro Sperimentale), per chiudere i battenti il 23 p.v. alla Vitrifrigo Arena con la Petite Messe Solennelle, allorché Michele Mariotti dirigerà l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e il Coro del Teatro Ventidio Basso, nonché un cast composto da Rosa Feola, Vasilisa Berzhanskaya, Dmitry Korchak e Giorgi Manoshvili.
Paola Cecchini
(www.rossinioperafestival.it)
 

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