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Del 17 Agosto 2023 alle ore 07:15La giornalista russa fuggita a Berlino. Elena Kostyuchenko, cronista della Novaya Gazeta, racconta le minacce di morte subite e quando, inviata in Ucraina, finì nel mirino dei ceceni di Kadyrov
di Massimo Maugeri

La giornalista russa Elena Kostyuchenko

 
AGI – “Voglio vivere. È per questo che sto scrivendo questo articolo”. Inizia così il lungo, drammatico racconto di Elena Kostyuchenko, giornalista russa della Novaya Gazeta, il giornale indipendente che fu di Anna Politkovskaja, chiuso dalle autorità russe nel marzo del 2022. La cronista, in un articolo pubblicato dal sito Meduza, racconta delle minacce di morte subite e del probabile tentativo di avvelenamento avvenuto in Germania che avrebbe potuto costarle la vita.
La vicenda inizia all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina, nel febbraio del 2022. La giornalista, che lavora alla Novaya Gazeta da 17 anni, viene inviata al fronte. Attraversa la frontiera polacco-ucraina la notte del 26 febbraio e invia i suoi reportage dal confine, da Odessa, da Nikolaev e da Kherson. Il 28 marzo è a Zaporizhzhia quando viene a sapere che le autorità di Mosca hanno deciso di chiudere il suo giornale, ma decide di partire lo stesso per Mariupol. Poche ore dopo però arriva una telefonata dal suo caporedattore che l’avverte: “i ceceni di Kadyrov ti stanno cercando per ucciderti”.
“Se torni in Russia verrai uccisa”
La notizia viene confermata da una sua fonte di intelligence. “Abbiamo informazioni che l’omicidio di un giornalista della Novaya Gazeta è in preparazione in Ucraina”. L’ordine della redazione è perentorio: “Devi lasciare l’Ucraina”. Kostyuchenko prova a fare resistenza, ma poi cede e decide di tornare a casa, in Russia. Ma i colleghi la fermano.
“La sera del 28 aprile Dmitri Muratov (direttore di Novaja Gazeta e vincitore del Premio Nobel per la pace nel 2021 n.d.r) mi ha chiamato, parlava molto piano. Mi ha detto: ‘So che vuoi andare a casa, ma non puoi tornare in Russia, verrai uccisà. Ho riattaccato il telefono e ho iniziato a urlare. Mi sono fermata sulla strada e ho urlato”, racconta la giornalista.
Il (presunto) tentativo di avvelenamento
Alla fine di settembre Kostyuchenko si trasferisce a Berlino e inizia la sua collaborazione con Meduza, con diversi reportage dall’Iran. Ma l’obiettivo è ritornare in Ucraina. Così prova a ottenere un visto e va a Monaco, al consolato. Ed è proprio durante il viaggio a Monaco che succede qualcosa. Durante un pranzo nella città bavarese con un amico, una coppia si siede al tavolo accanto. Da quel momento per la giornalista, ignara di tutto, inizia l’inferno. “Poche ore dopo sudavo con un odore di frutta marcia – racconta – mi sentivo debole, confusa e continuamente con la sensazione di svenire”. Kostyuchenko pensa a un ritorno di Covid, ma i medici lo escludono.
La situazione peggiora, forti dolori allo stomaco, gonfiori agli arti e al viso, emicranie violentissime. Le analisi escludono forme di epatite o altre patologie. Fin quando un medico le chiede: “È possibile che tu sia stata avvelenata?”.
Gli esami tossicologici successivi fanno pensare effettivamente ad un avvelenamento, la stessa polizia tedesca si allarma, rimprovera la giornalista di non avere immediatamente dato l’allarme e di non essersi rivolta alle autorità. Ma Kostyuchenko continua ad allontanare il pensiero. “Durante il periodo in cui ho lavorato alla Novaya Gazeta, quattro colleghi sono stati uccisi. Sapevo che i giornalisti venivano uccisi. Ma non volevo pensare che potessero uccidere me. Mi teneva lontano da questi pensieri il disgusto, la vergogna e la stanchezza. Mi disgustava pensare che ci fossero persone che mi volevano morta”.
La polizia tedesca alla fine archivia il caso per la mancanza di prove sufficienti a confermare un avvelenamento, ma il sospetto che qualcuno abbia tentato di ucciderla rimane forte.
“Tra poche settimane uscirà il mio libro, in cui racconto come la Russia è arrivata al fascismo – scrive ancora la giornalista – il libro sarà pubblicato in diverse lingue.
La polizia ritiene che l’uscita del libro potrebbe essere un fattore scatenante, che le persone che hanno cercato di uccidermi in Ucraina e forse hanno provato a farlo in Germania ci riproveranno”. Per questo, conclude, “voglio che i miei colleghi, i miei amici, gli attivisti e i rifugiati politici che ora sono all’estero stiano attenti. Più attenti di me. Non siamo al sicuro e non lo saremo fino a quando il regime politico in Russia non cambierà”.

L’articolo Russia – “Hanno cercato di avvelenarmi ma voglio vivere” è già apparso su Il Corriere Nazionale.

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