In questi giorni, a Trieste, sul quotidiano locale Il Piccolo, è uscito un brillante articolo di Laura Tonero, che mette in luce una delle tante (per ora presunte) truffe e/o appropriazioni indebite perpetrate ai danni di ignari condomini di uno stabile ubicato su una importante arteria cittadina, la via Fabio Severo. Tutto ciò, ovviamente, non avviene solo nel capoluogo giuliano ma è un andazzo che si può riscontrare in quasi tutta Italia, laddove, almeno in questo settore, mancano i dovuti controlli da parte delle autorità preposte.
Quello degli amministratori di stabili che non fanno il loro dovere (tanto per usare un eufemismo), dunque, è un problema molto sentito e vissuto non solo a Trieste. Non avendo un Albo professionale, così come accade per gli ingegneri, gli avvocati, i giornalisti, i commercialisti ed altri professionisti, gli amministratori degli stabili si appoggiano ad associazioni di categoria che, sovente, difendono gli interessi del loro iscritto (amministratore) e non certo quello dei condòmini che hanno subito un torto. Nel nostro Paese, di fatto, chiunque può diventare amministratore di uno stabile, non ci sono esami di Stato da superare e particolari titoli da vantare, non esistono corsi di laurea specifici, essi operano in base alla legge 14 gennaio 2013, nr. 4, praticamente senza copertura e controllo di un Ordine professionale riconosciuto dallo Stato.
Manca, inoltre, un’Autorità Garante per i condòmini (così come già esiste per le comunicazioni, la concorrenza e la privacy, tanto per citare alcune fra le più note ed importanti) che controlli gli eventuali illeciti ed abusi perpetrati, che, alla luce degli episodi di cronaca, sono sempre più numerosi; è anche per questo che da parte dei condòmini c’è – giustamente – sempre meno fiducia e scetticismo nei confronti di chi amministra uno stabile. E’ facile nominare un nuovo amministratore, ma poi, quando si cerca di cambiarlo, di sostituirlo, perché le cose non vanno, si riscontrano le prime difficoltà: le maggioranze che non sempre ci sono e l’abilità di alcuni di questi amministratori nel manipolare alcuni condòmini oppure nel fissare le date delle assemblee quando mancano quei condòmini solitamente dissenzienti e che vogliono vederci chiaro.
Altro punto dolente sono i cosiddetti “decreti ingiuntivi”, che spesso gli amministratori, per fare cassa, fanno inviare dai loro legali (ma a spese del condominio) a quei condòmini da loro ritenuti – a torto o ragione – dei morosi. Il più delle volte, se devo valutare le mie esperienze dirette ed indirette, questi decreti ingiuntivi vengono inviati a torto, quindi senza un criterio logico e prima di avere bene ascoltato le ragioni del presunto moroso. Solitamente è il caso di quegli amministratori che raccolgono con notevole anticipo il denaro che serve per effettuare i lavori, ma poi attendono anni prima che venga dato il via a questi lavori e, quando finalmente i condomini si sentono sollevati dall’inizio di questi lavori, poi si scopre che sono stati fatti male o solo parzialmente. Ed è allora che per i condòmini manipolati diventa davvero difficile recuperare quanto di più (a volte tanto) si è pagato. Tutti pronti a difendere gli amministratori ma ben pochi si occupano seriamente dei poveri condomini abilmente raggirati nell’assoluto silenzio. “Paga e taci” diceva qualcuno.
Cosa dire, poi, di quegli amministratori che, sempre manipolando tutti o una buona parte dei condòmini, riescono sempre ad inserire la loro ditta del cuore fra quelle che faranno quasi sicuramente il grosso lavoro da appaltare; una sorta di monopolio dei lavori, una ditta tutto fare che è sempre presente nel cuore dell’amministratore di turno ma che non sempre è conveniente per i condomini che pagano.
Quanto sopra vale a carattere generale ma, in un recente passato, anch’io ho avuto un’amministratrice molto particolare, tutta piena di sé, la quale, stranamente ed inspiegabilmente, organizzava le riunioni condominiali in alcuni noti hotel e cinema di Trieste (invece che in salette più economiche e meno dispersive) con i relativi aggravi dovuti ai costi delle ampie sale: a fronte di una capienza di 400-500 posti, spesso vi erano solo 9 condòmini a discutere dell’ordine del giorno. Anche questo aspetto, ad avviso di chi scrive, andrebbe rivisto ed assoggettato a periodici ed analitici controlli.
Lorenzo Lorusso