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Del 7 Agosto 2023 alle ore 07:48Cataldo Portacci, mio amico da mezzo secolo, è stata una straordinaria figura di tarantino eclettico
Maestro d’ascia per tradizione familiare e operaio dell’appalto Arsenale; dirigente politico della sinistra e consigliere comunale; ambientalista della prima ora; autodidatta e studioso della cultura locale, di cui è stato apprezzato divulgatore nelle scuole tarantine; autore di appassionate opere dedicate a Taranto, l’ultima delle quali è “Una città e i suoi mari- Taranto tra storia e memoria”.
Cataldo   fu, con Nicola Taurino, uno dei più capaci dirigenti comunisti dei Tamburi, alla guida delle sezioni Migliarese e Latorre.
Negli anni Settanta del secolo scorso, i Tamburi erano un quartiere abitato prevalentemente da operai dell’Arsenale, ferrovieri, piccoli artigiani, popolo minuto, cui si aggiunsero, proprio in quegli anni, gli operai dell’allora Italsider.
Con questo popolo, i comunisti tamburini avevano un fortissimo rapporto, che permise loro di raggiungere, nei momenti più alti, il 50% dei voti.
Allora non si facevano i sondaggi di opinione, ma Portacci, Taurino, Miceli detto Garibaldi, poi Piero Rusciano erano le nostre antenne; coglievano gli umori popolari sui problemi più sentiti: carovita, lavoro, casa, qualità dei servizi e aiutavano il gruppo dirigente del partito ad assumere una iniziativa politica, risolvere un problema, ottenere un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro.

Perciò il partito dei Tamburi eleggeva normalmente un consigliere comunale o provinciale o entrambi.
Quando entrai nel partito, fui subito adottato dai comunisti dei Tamburi. Comizi rionali, volantinaggio nelle piazze e nei mercati, riunioni in sezione, incontri di caseggiato. Una parte non secondaria della mia vita si è svolta ai Tamburi.
Organizzavamo anche la Festa rionale dell’Unità, la cui serata finale era dedicata alla melodia napoletana, che attirava migliaia di cittadini.
Con Cataldo, legai subito. Avvertivo un profilo culturale e umano peculiare. Fui perciò contento quando nel 1980 egli fu eletto in Consiglio comunale, durante il mandato sindacale di Giuseppe Cannata e poi del sottoscritto. Portacci era un consigliere comunale solerte, assiduo, preparato. Interveniva con efficacia nelle Commissioni e in Consiglio comunale.
Con pieno merito, fu perciò inserito nella delegazione del Comune di Taranto  che si recò nel gennaio del 1985 in missione a Donetsk , in Ucraina, allora una delle quindici repubbliche sovietiche. Qualche mese  prima,  avevamo concordato il gemellaggio con quella città. Eravamo in una fase di allentamento delle tensioni internazionali della guerra fredda e volemmo offrire il contributo della città di Taranto alle ragioni della coesistenza pacifica. Nello stesso anno Gorbacev divenne segretario generale  del PCUS e diede avviò alla Perestroika.
La Delegazione era  composta da Nico Indellicati capo delegazione,  Franco Boccuni, Rocco Galatone, Cataldo Portacci, Enzo Gigante, Salvatore Miceli di Italia- Urss e da Salvatore Rizzo, funzionario comunale. A detta dei partecipanti, fu una bellissima esperienza. La delegazione visitò stabilimenti industriali, miniere, scuole, teatri, musei. L’accoglienza fu calorosa e ospitale. Qualche mese dopo, il sindaco di Donetsk Spitzin  venne a Taranto  con una delegazione della municipalità e il 17 giugno firmammo l’atto di gemellaggio. Quante volte, durante gli incontri con gli amici di Donetsk abbiamo sentito nominare ed esaltare la bellezza di una città vicina sul Mar Nero,  Mariupol, la città di Maria,  oggi barbaramente devastata.   Mi auguro, come tutti noi,  che si arrivi al più presto al cessate il fuoco, alle trattative per la pace.  Ho condiviso perciò l’amarezza di Cataldo per questa guerra che colpisce luoghi che  abbiamo visitato e comunità con noi gemellate.
Con Cataldo avevamo in comune l’amore non solo della politica, ma anche dei riti della Settimana Santa.
Quante volte, insieme con tanti amici ci siamo incontrati nelle prime ore del mattino del Venerdì Santo per accompagnare la Processione dell’Addolorata. Religiosità, cultura, anima popolare e identità tarantina, sorrisi e chiacchiere con tanti amici.
L’anima popolare tarantina risalta appassionatamente nel libro “Una città e i suoi mari” edito da Scorpione editrice nel 2021.
Portacci rievoca pagine scellerate della nostra storia come la demolizione del Pittaggio Turripenne ad opera del piccone fascista o tragiche come il bombardamento degli alleati dell’agosto del 1943 che provocò lutti e rovine nella zona di Porta Napoli; o molto controverse come lo smantellamento dell’antica cooperativa dei mitilicultori e degli ostricultori COMIOS, per far posto al Centro Ittico tarantino campano.
Ma il suo sguardo attento e commosso descrive anche le varie modalità della pesca, gli attrezzi, le barche, le tecniche piscatorie, le partenze notturne, i grandi sacrifici della gente di mare tarantina, per assicurare prodotti ittici rinomati e apprezzati.

Cataldo credeva che il progresso non andasse lasciato alla logica cieca del profitto, ma governato nell’interesse dell’uomo e della tutela dell’ambiente.  Portacci svolgeva questa preziosa opera di scavo nella memoria, convinto che nel nostro passato ci fosse uno scrigno di cultura, di valori popolari, che costituiscono  le nostre radici. Quando si parte per un nuovo viaggio, non si rinnegano le radici, come fa Enea, che partendo da Troia, conduce con sé il padre Anchise e il figlioletto Ascanio. Noi tarantini- diceva Cataldo- abbiamo accettato, persino sollecitato l’avvento della grande industria, sull’altare della quale abbiamo sacrificato tante attività artigiane e produttive. Poi abbiamo amaramente scoperto che quell’industria portava devastazione ambientale, morti da inquinamento e da incidenti sul lavoro. Occorre programmare uno sviluppo più rispettoso dell’uomo e dell’ambiente; muoversi per correggere e cambiare.
Non mancava la fiducia di poter cambiare le cose; lontano ogni atteggiamento di abulico scetticismo. La battaglia di Cataldo era insieme culturale, civile, politica. L’anima popolare tarantina è una cassetta degli attrezzi preziosa per costruire una città riconciliata con se stessa, con la sua umanità, con la sua memoria, con la sua storia.
Perciò Cataldo ha voluto donare i suoi amati attrezzi di lavoro alla coop Mare Mosso, che aiuta ragazzi e persone fragili ad inserirsi nel mondo del lavoro. Sperava che non scompaiano artigiani, operai, lavoratori legati al nostro mare, ai nostri mari. Una comunità è forte quando riesce a fondere la legittima aspirazione al progresso con il senso della migliore tradizione e della propria identità.
Ora che Portacci non c’è più, partecipiamo al dolore dell’amatissima moglie Maria, dei figli Giuseppe, Ivan, Angelo, dei nipoti, dei tanti che gli hanno voluto bene. Rimarrà nei nostri cuori per quello che ha fatto, per quello che è stato.
Giovanni Battafarano   1 agosto 2023L’articolo Il maestro d’ascia Cataldo Portacci nel ricordo di Giovanni Battafarano è già apparso su Corriere di Puglia e Lucania.

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