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Del 26 Luglio 2023 alle ore 10:18Io ero lì…
di Angelica Lubrano
Obbedienza come punto morale più alto, ma obbedienza è il contrario di giudizio, cioè l’espressione del PENSIERO etico.
L’obbedienza ti trasforma in strumento e pensi di essere estraneo al crimine. Questo sostenevano i funzionari e militari nazisti.
Nell’intervista della giornalista Gitta Sereny a Franz Stangl, nella prigione di Düsseldorf, l’ex comandante di Treblinka, condannato all’ergastolo nel 1970, alla domanda:
– Lei si abituò alle uccisioni di massa?
– <<Mesi. Passarono mesi prima che potessi guardare uno di loro negli occhi>> – la risposta
di Stangl, che poi aggiunse:
– <<Io ero lì, ma non avevo intenzione di far male a nessuno>>.

 
Ecco, la tragedia sta proprio in quel “Io ero lì” e nel rifiuto di ogni responsabilità, di ogni risposta, anzi di ogni domanda.
Primo Levi stacca da una grondaia un ghiacciolo, ma una guardia glielo strappa dalle mani.
– <<Perché?>> – gli chiede.
– <<Hier ist kein Warum>>. Qui non c’è perché.
Sto rileggendo il libro di Hannah Arendt, La banalità del male, corredato ora da una bella prefazione di Ezio Mauro.
L’avvocato di Eichmann, Robert Servatius:
– <<Il mio cliente si sente colpevole dinanzi a Dio, non alla legge, per atti per i quali si viene decorati se si vince e si va alla forca se si perde>>.
Il Linguaggio
Un’attenzione particolare va prestata al linguaggio.
Göring parla di “soluzione complessiva” e di “trattamento speciale” per lo sterminio in camere a gas di ebrei, zingari e dissidenti e di “cambi di residenza” per le deportazioni di massa: termini asettici di stampo amministrativo per un abominio criminale. Un gergo ufficiale rassicurante non molto lontano dalle “operazioni militari speciali” per l’invasione dell’Ucraina o dalle tristemente note e fallimentari “esportazioni di democrazia” nei cortili di casa sudamericani o nei Paesi asiatici.
Ultimamente Piantedosi, si, l’attuale Ministro degli Interni, ha parlato di <<carico residuale>> riferendosi agli esseri umani morti annegati nella tragedia di Cutro.
Quando si ascoltano alcuni esponenti di questo governo si ha l’impressione che il loro linguaggio burocratico sia non tanto un tentativo di dissimulazione, ma un’autentica incapacità di pensare mettendosi nei panni dell’altro.
L’obiettivo è ridurre, “camuffare la disumanità in mediocrità”, sostiene Ezio Mauro nella Prefazione a La banalità del male”.
Mi viene in mente “L’insostenibile leggerezza dell’essere” di Milan Kundera, che ci ha lasciati pochi giorni fa, l’11 luglio: si può essere tanto vuoti e inutili, tanto “normali” da commettere crimini perversi nell’assoluta indifferenza morale.
 

L’insignificanza individuale
Un altro elemento che rassicura il burocrate zelante è l’idea di far parte di una “macchina mostruosa” in cui lui si sente un pomello insignificante.
La concezione dell’insignificanza individuale porta ad accettare, spesso, troppo spesso, crimini aberranti, stermini di esseri umani, assolvendosi con un “Che mai avrei potuto fare io?” Dimenticando che, non so per quanto riguarda le leggi divine, ma quelle umane agiscono secondo il principio che “ciascuno è responsabile individualmente delle proprie azioni”.
Occorre tenere a mente che da un processo non ci si deve aspettare risposte sui massimi sistemi, ad esempio per i femminicidi:
“Come è potuto accadere? E perché?
La giustizia si deve occupare solo degli imputati in quel momento alla sbarra.
Ma come valutare il livello di crudeltà di un individuo?
Come può avvenire quella lenta e inesorabile sostituzione dei principi morali e, per i credenti, degli stessi comandamenti religiosi fondamentali: <<Non uccidere>> <<Ama il prossimo tuo come te stesso>>?
Vale a dire quella COSCIENZA, quella pietà istintiva che, credo, pure i razzisti “de noantri” hanno sentito per i poveri cristi annegati al largo di Cutro o per i 150 bambini dei 600 morti nel mare Egeo di qualche settimana fa, per non parlare delle migliaia di bambini morti nella guerra in corso nello Yemen.
Com’è stato possibile che padri e madri di famiglia, alcuni anche timorati di Dio, ieri nei confronti degli ebrei e oggi nei confronti di un’umanità dolente e migrante siano stati capaci di cancellare dalle loro coscienze quei valori universali se non di solidarietà, almeno di pietà?
 
Il Prof. Carlo Galli in una sua lectio magistralis di qualche anno fa ricordò che, al fine di conquistare facile consenso elettorale popolare, ogni regime di stampo autoritario ha bisogno di inventare nemici (ebrei, negri, migranti, zingari o terroni) su cui scaricare la colpa di loro inettitudini politiche, causa di sofferenza e di disagio, fino a fomentare contrasti sociali fra lavoratori autonomi e dipendenti, o fra generazioni…
Nel caso degli ebrei, e non solo però, la domanda delle domande è: come hanno potuto quei funzionari e quei militari trasformarsi in assassini sadici e fanatici?
Com’è stato possibile far assurgere a valori assoluti il dovere, l’obbedienza cieca, l’ordine pubblico, le norme, gli editti…
 
Queste considerazioni rievocano, a ben pensare, responsabilità diffuse, anche difficili da riconoscere e, comunque, inaccettabili, perché richiamano ciascuno di noi sul banco degli imputati.
Quel mostruoso progetto di morte, lo sterminio di 11 milioni di ebrei  (tanti erano in progetto di sterminare…), ha avuto bisogno di corresponsabilità diffuse e persino impreviste.
I rastrellamenti, le delazioni, i supporti di ogni tipo, amministrativo o poliziesco videro la COMPLICITÀ di uomini e donne, di vicini id casa, d’insegnanti e d’impiegati e non solo…
“Come hanno potuto gli stessi capi ebraici, i rabbini, contribuire allo sterminio degli ebrei?” Ciò è accaduto a Berlino, ma anche a Budapest, a Varsavia, ad Amsterdam o a Parigi…
Com’è possibile che, ancor oggi, con lo strazio disumano d’innocenti, si possa restare “indifferenti”?
Per quanto voi vi crediate assolti siete lo stesso coinvolti. E non potrete dire:
– IO NON ERO IÌ…L’articolo Io ero lì… (testo di Angelica Lubrano) è già apparso su Il Corriere Nazionale.

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