Del 25 Luglio 2023 alle ore 06:06Il medico Mario Riccio racconta all’AGI gli ultimi istanti con Gloria, la donna malata di cancro che si è somministrata un farmaco, fornito per la prima volta dalla sanità pubblica, per togliersi la vita
di Manuela D’Alessandro
© @AGI – Il medico Marco Riccio
AGI – Nonostante la ‘familiarità’ con la morte maturata in 40 anni di esperienza e la convinzione che fosse “un dovere morale” mettere fine alle sofferenza di Gloria, il dottor Mario Riccio non ha paura ad ammettere che “è stato molto impegnativo, in questo come negli altri casi, trovarsi davanti a una persona che ti chiede di morire e aiutarla a farlo. Ci sono in ballo valori molto importanti”.
C’era lui, oltre ai familiari, in particolare al marito che è stato con Gloria accanto alla donna di 78 anni che ieri ha assunto un farmaco per il fine vita ricevuto dall’azienda sanitaria di Treviso.
“Nessun medico della Usl di Treviso ha dato disponibilità a essere in casa con Gloria – spiega all’AGI – e quindi c’ero io ma in realtà avrei voluto esserci comunque perché seguivo da oltre un anno per conto dell’associazione ‘Luca Coscioni’ l’aspetto clinico della signora”.
È stata lei a somministrarsi il barbiturico e il compito di Riccio era quello di ‘preparare’ l’atto decisivo. “In sostanza, ho allestito la linea venosa e collegato la flebo, poi lei ha eseguito la sua volontà. Tutto è avvenuto nel rispetto della sentenza della Consulta sul caso di Dj Fabo. Fino all’ultimo, io e l’avvocato Filomena Gallo ci siamo accertati che fosse consapevole di quello che stava facendo e quali conseguenze ci sarebbero state. Ho spiegato a Gloria come aprire il morsetto della flebo”.
Per la prima volta, da quando la Corte Costituzionale ha definito i requisiti dell”aiuto al suicidio’ non punibile dalla legge, tra cui la capacità di intendere e di volere, la sanità ha fornito il farmaco. Non il personale, però. “Dal mio punto di vista di medico, credo che sia un dovere morale esserci in questi casi e aiutare chi chiede di morire ma ammetto anche che ci possa essere l’obiezione di coscienza. Può sembrare contraddittorio ma non lo è, ne ho parlato anche con alcuni bioeticisti. Gloria andava incontro alla prospettiva di non essere più capace di intendere e di volere e ha voluto fare questa scelta prima che ciò accadesse”.
Riccio ha partecipato, dando il suo contributo da medico, a molte battaglie portate avanti dall’associazione Coscioni, anche a quella di Piergiorgio Welby. “Sembra passata un’era geologica anche se per molti miei colleghi fare quello che ho fatto con Gloria è un delitto. È significativo peraltro che la fornitura del materiale medico sia avvenuta nella Regione Veneto, che pure ha un orientamento leghista-conservatore. Forse sarebbe il caso di pensare a cancellare dal codice deontologico medico l’articolo 17 secondo il quale il medico, anche su richiesta del paziente, non deve effettuare né favorire atti finalizzati alla morte anche se, dopo la sentenza Dj Fabo, è stato aggiornato citando come eccezioni situazioni che rispettino i requisiti posti dalla Consulta”.
L’articolo “Con Gloria fino alla fine: non è stato facile ma era un dovere morale esserci” è già apparso su Il Corriere Nazionale.