L’Opinione di Roberto Chiavarini
Consiglio di leggere fino in fondo questo mio Testo
Gentilissimo, desidererei sapere come si chiamava il Partigiano che scrisse la canzone “Bella Ciao”, il cui testo, oramai, rappresenta l’inno della “Liberazione” e che viene cantata ogni 25 aprile? E, poi, che differenza concettuale c’è, secondo lei, tra le parole Libertà e Liberazione tanto usate recentemente dai “Media”?
LETTERA FIRMATA
Mi rifaccio all’art. 21 della Costituzione che recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” … ed io lo faccio.
PREMESSA
La lingua italiana, offre mille e una opportunità, per descrivere qualsiasi aspetto della vita, basta utilizzare le parole giuste al momento giusto, anche se, molte volte, quelle stesse parole, inserite artatamente nelle pieghe di un concetto enunciato pubblicamente, possono nascondere le vere intenzioni di chi le pronuncia.
Nel bene e nel male, naturalmente.
E chi le sa usare meglio del Potere, che le somministra al Popolo spesso dormiente?
LIBERTÀ E LIBERAZIONE
Carissimo, la Sua domanda, mi impone di riferirmi, quantomeno inizialmente, ad un altro articolo che scrissi tempo fa, in merito alla differenza sostanziale che corre tra la “Libertà” e la “Liberazione”.
Innanzitutto, come dice Lei, dobbiamo fare un distinguo chiaro tra Libertà e Liberazione.
La definizione “libertà”, non ha la stessa valenza della parola “liberazione”. Una cosa, è la Libertà ed un’altra è la liberazione.
Insomma, la libertà, in democrazia, è universale, della quale tutti ne “devono” usufruire e godere in egual misura, soprattutto della indipendenza che ne consegue, mentre la liberazione, è di parte, poiché intende che una parte si liberi di un’altra parte, ritenuta opprimente.
Questo accade, tra amici che non vanno più d’accordo, tra marito e moglie, tra parenti.
Ma anche tra la comunità, tra i politici, tra gli antagonisti sociali, tra gli oppressori e gli oppressi e, appunto, tra regimi di colore opposto.
Insomma, quando una parte non sopporta più l’altra. E tutto ciò, concettualmente, va al di là dei torti e delle ragioni.
E quando una parte prende il sopravvento sull’altra, non significa che la parte trionfante abbia raggiunto la libertà universale, ma che si sia liberata dell’avversario, questo si.
Poiché, la parte trionfante può diventare essa stessa oppressora.
La parola Libertà, dunque, è un termine di enorme significato, la parola liberazione, è concettualmente circoscritta.
La Storia d’Italia, ci insegna che, nei secoli passati, i piccoli Stati che formavano l’attuale Nazione denominata Italia, si liberavano dell’oppressore di turno, istituendo alleanze con altre Potenze di Stati stranieri, i quali, a loro volta, liberato lo Staterello dall’oppresso, diventavano essi stessi i nuovi conquistatori ed oppressori di chi avevano aiutato a liberarsi dell’oppressore precedente.
Quindi, quei piccoli stati, non avevano raggiunto la libertà, e di conseguenza la indipendenza, ma solo e soltanto la “Liberazione” dall’oppressore precedente.
IL 25 APRILE FESTA DELLA LIBERAZIONE
Fu su proposta dell’allora Presidente del Consiglio On. Alcide De Gasperi, Presidente della Democrazia Cristiana, che il Re Umberto II, il 22 aprile 1946, emanò un decreto “a celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, indicando il giorno 25 aprile 1946, quale Festa nazionale”. Si ebbero decreti per celebrare la ricorrenza anche nel 1947 e nel 1948;] solo nel 1949 la ricorrenza venne istituzionalizzata stabilmente quale giorno festivo, insieme con la Festa nazionale italiana del 2 giugno.
BELLA CIAO
Torniamo a Bella Ciao.
Questa, pare che non sia una canzone partigiana. Anzi, “Bella Ciao”, non venne mai cantata nel periodo della Resistenza, così come, peraltro, ha sempre sostenuto l’indimenticabile Scrittore Gianpaolo Pansa: «Bella ciao, è una canzone che non è mai stata dei Partigiani, come molti credono, però è molto popolare».
Nei venti mesi della guerra partigiana, dice Pansa, non ho mai sentito cantare Bella ciao, è stata un’invenzione del Festival di Spoleto».
Mah.
Nella storiografia divulgativa sulla Resistenza, molti studiosi e storici, si trovano concordi nel riconoscere che “Bella ciao”, non fu mai cantata dai partigiani.
Ma qual è la verità?
Chiedo a me stesso: “Bella ciao”, fu cantata durante la guerra civile, o no? È un prodotto della letteratura della Resistenza o sulla Resistenza, secono la distinzione a suo tempo operata da Mario Saccenti?
Andiamo con ordine.
Già sulla melodia, se ne sentono ancor oggi di tutti i colori.
È una melodia genovese? No. È una villanella del 500? No. Allora, è una nenia veneta? No.
Ancora, è una canzone popolare dalmata? No…
E una canzone delle Mondine che lavoravano nelle risaie?
Beh, potrebbe essere, dal momento che pure il testo interpretato da Milva, presente nella sua raccolta di “Canti della Libertà” (1965), nel quale è contenuta una incisione diversa di “Bella Ciao” (è una delle sue più famose interpretazioni, che alcuni anni dopo Milva riproporrà in una puntata di Canzonissima), si rifà proprio alle storie e alle condizioni di sottomissione vissute dalle Mondine.
Tanto che Carlo Pestelli, in questa miriade di ipotesi, sostiene che “Bella ciao”, è una canzone gomitolo, in cui si intrecciano molti fili di vario colore». Insomma, buona per tutte le occasioni dove il Popolo diventa protagonista, tanto è orecchiabile.
Sul punto, l’unica certezza, è che la traccia più antica di una incisione della melodia in questione, che fonda su quello spartito, è del 1919, in un 78 giri del fisarmonicista tzigano Mishka Ziganoff, intitolato “Klezmer-Yiddish swing music”.
Il Kezmer, è un genere musicale Yiddish in cui confluiscono vari elementi, tra cui la musica popolare slava, perciò l’ipotesi più probabile sull’origine della melodia, è proprio quella della canzone popolare dalmata, come pensava pure l’accreditato Giorgio Bocca.
Ultimamente, Bella Ciao, è stata cantata dai personaggi della Fiction de’ “La Casa di Carta”, dando ad essa maggiore popolarità internazionale.
La trama di quella Fiction, però, descrive i protagonisti della Casa di Carta, come dei banditi fuoriusciti, con vari e gravi precedenti penali, che decidono di assaltare la Banca Centrale di Madrid, all’interno della quale, stamperanno miliardi di banconote da 50 euro, motivati dal fatto che il popolo europeo fosse stato depredato dal “Regime” europeista di Bruxelles.
In contrapposizione a ciò, alcuni “veri” parlamentari europei di Bruxelles, prontamente, si sono riuniti in un’aula del Parlamento Europeo, per cantare “Bella Ciao”, forse anche per delegittimare il significato attribuito a “Bella Ciao”, dagli Autori della Fiction.
Insomma come vedete, “Bella Ciao”, anche nel caso della Fiction, è usata sempre e comunque dalla parte che intenda liberarsi della controparte.
Sta di fatto che, l’attuale Testo di “Bella Ciao”, sulle note che conosciamo, è divenuto negli anni, un motivo musicale e una sorta di Inno della Sinistra Politica italiana e addirittura della Sinistra internazionale, soprattutto dei Movimenti Politici del sud America.
Ho vissuto l’Epoca dei Moti Studenteschi e posso testimoniare che, durante gli Scioperi e le occupazioni di istituto, “Bella ciao”, era l’Inno e venne cantata dai gruppi della sinistra studentesca e, quei momenti di tensione sociale, diventarono ancor più significativi su quelle note.
Certamente, un giorno, vicino e/o lontano, magari si arriverà con esattezza a stabilire quantomeno la originale paternità dello spartito di “Bella Ciao” (al di la dei vari testi che si sono succeduti nel secolo scorso e anche prima) ma, nel frattempo, non contestiamo più al popolo di sinistra il diritto di cantarla come parte di loro e, in definitiva, anche della nostra storia nazionale.
Indipendentemente dal fatto che, da sempre, sono politicamente equidistante da tutto e da tutti, quando incontro per strada alcuni individui (a qualsiasi area politica essi appartengano, non importa) che tentino di invadere la mia vita e la mia privacy, istintivamente intono tra me e me, il motivetto che mi piace tanto e che fa …”una mattina mi son svegliato…”
Concludo con una precisazione: “Salvo errori ed eventuali omissioni contenuti nel mio testo, essi sono accaduti, evidentemente, in maniera del tutto in buona fede e senza alcuna strumentazioni di sorta”, ed ogni riferimento a fatti e/o persone realmente esistite, legate a questo argomento, è puramente casuale.
Ci mancherebbe altro.
ROBERTO CHIAVARINI
Opinionista di Arte e Politica