Le considerazioni del prof. Sacchi di Società Libera spronano alla riflessione e ancor più a ragionare sul futuro prossimo del pianeta. Siamo al di là di partigianerie, politichese, argomentazioni, innocenti e non, sul nulla.
Sul XXI secolo: una visione
di Rosalino Sacchi*
Ho un privilegio: periodicamente il mio “daimon” mi concede delle visioni profetiche. L’ultima è uno scritto chiaramente posteriore al nostro secolo, ma che non offre elementi più precisi di datazione.
La seconda metà del 21° secolo vide la nascita dell’assetto geopolitico che, nelle grandi linee, è tuttora conservato. Fu un periodo di conflitti nei quali le grandi potenze evitarono sempre lo scontro diretto. I confronti militari, combattuti “per procura”, sfruttavano contrapposizioni di natura etnica o religiosa talvolta millenarie. Confronti che le grandi potenze utilizzavano anche per sperimentare le nuove tecnologie militari.
La Cina aveva vinto la “guerra delle Terre Rare”, ma aveva dovuto venire a patti con gli altri grandi player, in quanto minata al suo interno dalle rivolte delle minoranze schiacciate dall’etnia Han, che pure si era ridotta di numero per scelte di politica demografica. Gli USA, isolazionisti, avevano ricostruito la storica associazione con la “madrepatria” britannica ed erano ormai una potenza regionale con economia essenzialmente autarchica. Fiorì la “Unione Abramica” costituita dall’alleanza strategica tra Israele ed Arabia Saudita che si era estesa a comprendere la parte più ricca dell’Islam sunnita, alleanza nella quale Israele portava il capitale del suo “know how” tecnologico.
L’India attraversò una fase di secolarizzazione con la quale, abbandonato “ahimsa” (l’ideale della non-violenza) e la visione vedica del mondo, poco propizia a moderno sviluppo, approdò ad una crescita imprevedibile. L’abitudine al rigore rituale si rivelò un atout importante.
La Russia, sempre grande potenza militare, vide la sua economia fiorire grazie al riscaldamento globale che rese fertili le sue sterminate pianure asiatiche, facendone il granaio del mondo. In precedenza, si era accortamente tenuta fuori dalle campagne sul riscaldamento globale. Quelle fin qui elencate erano tutte potenze nucleari.
Entrò in crisi l’Iran colpito dalla crisi demografica, dal fallimento del suo piano di armamento nucleare e soprattutto da una crisi di identità conseguente all’indebolirsi del cemento costituito dal fanatismo religioso. Il regime non riuscì ad arginare l’azione destabilizzante di alcuni “influencer” operanti dall’estero, che minavano il rigore del costume promuovendo libertà di ogni genere. Gli ayatollah si arresero, incapaci di gestire una popolazione di vegetariani tatuati, che finì per tornare all’assai più tollerante zoroastrismo, come sappiamo. Un cambiamento che si inserì in un quadro di generale declino delle grandi religioni monoteistiche e di revival di culti tradizionali.
In Grecia processioni che portavano simboli fallici (“falloforie”) ricomparvero superando l’opposizione di gruppi femministi. La Turchia intraprese in prima persona, incautamente, uno scontro militare con la Grecia per il controllo del Mediterraneo Orientale con le sue fonti di combustibili fossili, ma ne uscì con le ossa rotte, mancatole il supporto dei paesi arabi, e ridimensionò le sue ambizioni.
La vittima principale di questa vicenda di grandi cambiamenti fu, come si sa, l’Europa che praticamente “uscì dalla storia”, nel senso che cessò di determinare il flusso delle vicende storiche per passare a esserne trasportata. Un grande evento, sulla genesi del quale si è discusso. Alcuni studiosi vedono una concausa nella diffusa regressione intellettuale indotta da quelli che erano allora chiamati “i social” e dal conseguente indebolimento della società nel suo insieme: un processo che i sistemi democratici dell’epoca non erano in grado di contrastare. La conclusione che ha raccolto il consenso quasi unanime degli studiosi, tuttavia, è che la causa indiretta del tracollo sia stato il cambiamento climatico. Il trend di riscaldamento che caratterizzava il clima di quegli anni era attribuito dagli esperti, con poche voci discordanti, ad un gas serra, l’anidride carbonica, e in particolare all’anidride carbonica antropogenica, e cioè immessa nell’atmosfera dall’uomo con l’utilizzo estensivo dei combustibili fossili.
L’estrapolazione del trend di riscaldamento portava a risultati catastrofici, ciò che creò panico e indirizzò i governi europei ad una radicale sostituzione dei combustibili fossili con fonti alternative “rinnovabili”, in particolare sole, vento e maree. A distanza di tempo, appare bizzarra la rinuncia a due fonti energetiche che non producono CO2, quali fissione nucleare e geotermia, ma in quella vicenda gli aspetti problematici non mancano. In particolare, l’emozione popolare che determinò queste scelte politiche si può pensare avesse una caratterizzazione religiosa, come indicano alcuni slogan dell’epoca, tipo “salviamo il creato”.
Il colore stesso al quale troviamo ossessivo riferimento (verde) era anche il colore dell’Islam, ciò che qualcuno ritiene non casuale. Esisteva all’epoca una sorta di federazione che comprendeva la maggior parte degli stati europei (“Unione Europea”), alla quale venivano demandate le più importanti scelte di politica economica. Furono quindi i suoi dirigenti a decidere di scommettere sulla cosiddetta “conversione verde”, che ebbe alto costo, produsse un’energia costosissima e comportò un risultato non previsto. Il resto del mondo, infatti, tributò alla conversione verde un “lip service”, come dicono gli Inglesi, ovvero un omaggio puramente verbale, ma continuò tranquillamente ad utilizzare le fonti tradizionali. Il risultato fu il crollo dell’apparato produttivo europeo, incapace di stare sul mercato con quegli altissimi costi energetici. In quelle condizioni, l’Europa infiacchita, impoverita, disarmata in tutti i sensi rimase esclusa anche dalla spartizione delle grandi ricchezze delle aree polari portate alla luce dallo scioglimento delle calotte glaciali (idrocarburi nell’Oceano Artico e giacimenti minerari in Antartide).
Il seguito ci è noto. La vecchia Europa fu “colonizzata” dalle grandi potenze che raggiunsero un accordo non scritto col quale essa costituiva una specie di playground, un’“area aperta” simile alla “tana” dei giochi dei bambini. Lo straordinario patrimonio artistico costruito nei secoli attirava – attiva tuttora – una moltitudine di turisti, apportando un reddito che attenuò il crollo del PIL. Le ricerche successive dimostrarono che i cambiamenti climatici sono legati principalmente a fattori astronomici, come sappiamo, e come sosteneva un secolo prima il climatologo serbo Milutin Milankovic. La tesi di quello studioso era caduta in discredito, ma un più elaborato trattamento matematico ne dimostrò la sostanziale validità. Per l’Europa questo risultato arrivò troppo tardi. Di quel periodo recano testimonianza le migliaia di mulini a vento tuttora preservati, molti dei quali utilizzati in parchi-divertimento. Troppo tardiva, per l’Europa, fu anche la rivoluzione indotta dalla tecnologia della fusione nucleare che, fornendo energia praticamente illimitata, consentì il costoso sequestro dell’anidride carbonica atmosferica incidendo sul clima.
La visione si interrompe così che l’ultima frase resta enigmatica, ma per il privilegio concessomi sono ugualmente grato al mio “daimon”. Con un dubbio: sarà l’“Angelo Guardiano” o sarà invece il demone cattivo, quello che preoccupava Cartesio?
* già ordinario di Geologia Università di Torino
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