Del 21 Luglio 2023 alle ore 12:07A cura di Mariangela Cutrone
Ci sono attese che vale la pena vivere. Si cibano di desideri, speranza e sogni non ordinari. Grazie ad esse impariamo a capire cosa è importante nella nostra esistenza e per cosa vale la pena lottare ogni giorno. È ciò di cui si accorge Duccio, il protagonista dell’emozionante romanzo “Fino all’ultima sera” di Pier Francesco Nesti, edito da Rossini. Questo libro che si legge tutto d’un fiato invita il lettore a credere nel potere di quegli incontri che inevitabilmente ci sconvolgono la vita e contribuiscono ad orientarci verso la direzione più coerente con sé stessi e la propria anima.
È inevitabile entrare in empatia con Duccio che ogni anno torna in montagna per rigenerarsi e per “sentirsi finalmente a casa”, in un luogo incontaminato e in cui condividere momenti preziosi e significativi con gente che ama il confronto e il dialogo autentico. Da qualche anno Duccio avrà un motivo per tornare a Prato allo Stelvio, questo motivo ha il nome di Martina con la quale si è subito instaurata una sorta di alchimia e connessione reciproca. Un romanzo ricco di attese, riflessioni, momenti emozionanti che rigenera la mente e il cuore.
Di attese e di incontri memorabili conversiamo piacevolmente con il giornalista Pier Francesco Nesti in questa intervista.
Pier Francesco, partiamo dall’origine di questo romanzo. Com’è nata l’idea di scrivere questa storia emozionante?
Innanzitutto grazie per averla definita una storia emozionante. Penso, infatti, che per chi, come noi, si dedica alla scrittura e con la scrittura ci passa una parte importante della propria vita, riuscire a suscitare emozioni sia l’obiettivo principale e il vederlo riconosciuto l’apprezzamento più bello. La risposta è “semplice”: perché era tanto tempo che volevo scrivere qualcosa su un luogo che mi ha sempre accolto a braccia aperte. E perché dentro il libro in pratica c’è tutto – o quasi – della mia vita: il bello, il brutto, le passioni, i desideri, i dubbi, i sentieri percorsi e quelli ancora da percorrere. E finalmente la scorsa estate è scoccata la scintilla per dare vita alla storia, perché almeno nelle storie si può sempre sperare in un lieto fine.
Da “Fino all’ultima sera” emerge il tuo legame con la montagna. Quanto può essere fonte di ispirazione per noi scrittori e non solo?
Se si parla di scrittura, il legame con la montagna e ciò che la montagna può offrire è un’ottima fonte di ispirazione. Basta osservare un tramonto, il sole che lentamente si spegne dietro le cime. O percorrere un sentiero immersi nel silenzio. Ma può essere fonte di ispirazione anche per chi nella vita fa altro: anche stando semplicemente seduti ad ammirare il panorama spesso si trovano delle risposte alle domande che ci poniamo più spesso e che nella frenesia della vita quotidiana vengono “soffocate” da quella che è una corsa continua. Per cosa poi piacerebbe saperlo anche a me…”.
Il tuo libro è un tributo a quegli incontri che inevitabilmente contribuiscono a cambiare la direzione della propria esistenza. Come li definiresti?
Bella domanda. Senza dubbio nel caso di Duccio e Martina è stato un incontro fortunato, ma anche aiutato dalla fortuna. O dall’audacia. Io li definirei delle “belle scosse”. Perché quando si dice di un incontro “che ti cambiano la vita”, non si dice un’ovvietà, non si dice banalità. Si dice qualcosa che ognuno di noi vorrebbe provare almeno una volta nella propria vita e che in questo caso è stato bello raccontare. Soprattutto per chi il libro l’ha scritto.
Il protagonista Duccio si ritrova a duello tra “la voglia di mettersi in gioco” e quella di “rimanere nella propria comfort zone”. Quanto è importante rischiare nella vita?
È proprio questo, a mio giudizio ovviamente, uno dei problemi principali, che ci riguarda tutti. La paura di rischiare, la paura di osare per provare a ottenere davvero quello che desideriamo. Sia che si parli di cose plausibili, sia che rischiare comporti qualche “pericolo” in più. Troppe volte ci adagiamo, come giustamente ha scritto, nella nostra “comfort zone” e ci poniamo delle limitazioni che gioco forza ci portano a rinunciare a qualcosa.
Quello tra Duccio e Martina è il classico “colpo di fulmine”.
Ci credi in esso?
Ci ho creduto. Più di una volta. Ma come ho detto anche in occasione della presentazione del libro, probabilmente Duccio crede più del sottoscritto nell’amore e anche nel “colpo di fulmine”. Ma mai dire mai…
In Fino all’ultima sera scrivi “…è nella lontananza che si scopre la potenza dell’amore”. È vero?
Per Duccio e Martina sicuramente sì. Hanno aspettato, hanno sfidato il destino, hanno superato gli ostacoli e alla fine hanno avuto, forse anche inizialmente in modo insperato, inaspettato di sicuro, quello che volevano. Certo ci vuole una grande forza per fare quello che hanno fatto loro. Chissà, magari chi leggerà il mio libro, e sta vivendo una situazione simile, troverà lo stesso impeto che hanno avuto i due protagonisti della mia storia.
L’attesa è una tematica centrale nel tuo libro. Il lettore si ritrova immerso in questa dimensione sospesa che permette di fare chiarezza e di alimentare il desiderio e la speranza. Che significato ha per te l’attesa e soprattutto in questo mondo frenetico in cui siamo in continuo movimento?
L’attesa spesso ha la forza, neanche tanto nascosta, di alimentarli il desiderio e la speranza. Anche se molti pensano il contrario. L’importante è che l’attesa non si trasformi in attendismo. Tuttavia, in un mondo come quello attuale, nel quale siamo perennemente connessi e la frenesia spesso la fa da padrona, un po’ di sana attesa a volte non guasta. Attesa per un obiettivo da raggiungere, ma anche attesa per qualcosa da fare e che, se non provoca problemi irrimediabili, può essere tranquillamente rimandata al giorno dopo. Approfittando però di quel tempo “inaspettato” per ritagliarsi uno o più spazi a proprio piacimento.
Durante il mese di permanenza in montagna Duccio ha colto tanti insegnamenti dalla montagna. Quali sono quelli che hai colto tu in tutti questi anni?
Tantissimi. Intanto, anche se non sempre è facile, provare a riportare nella vita di città, o di campagna visto che vivo in provincia, lo spirito, tutto quello che la montagna rappresenta. Anche nei comportamenti legati alla quotidianità. È quella la sfida più difficile e che mette alla prova ognuno di noi. A me personalmente, inoltre, ha insegnato ad affrontare tutto quello che mi si pone davanti passo dopo passo, proprio come se fossi su un sentiero di alta montagna, attento a non prendere una decisione avventata per non rischiare di cadere giù.
L’articolo Le attese che lasciano il segno. Intervista a Pier Francesco Nesti è già apparso su Corriere di Puglia e Lucania.