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Del 19 Luglio 2023 alle ore 21:48Il materano Giuseppe Falcone in una nota denuncia un caso-record che riguarda la mala-giustizia a Matera, un fallimento che dura da circa 40 anni di cui è stato vittima un imprenditore edile materano, Francesco Paolo Falcone, deceduto sei anni fa.
Francesco Paolo Falcone, mio padre imprenditore edile, deceduto sei anni fa, era ormai ultraottantenne, ha passato 20 anni della sua esistenza facendo l’imprenditore, con successo. Più del doppio degli anni, fino alla sua morte, li ha trascorsi a cercare di tenere sotto controllo un fallimento cercando giustizia.

Un fallimento evitabilissimo, ma evidentemente decretato a tavolino.
Tutto ebbe inizio nel 1983.
Un momento di crisi di liquidità:
– per omesso pagamento da parte di un suo rilevante debitore che aveva acquistato un immobile banca e con il quale aveva iniziato una “causa” (giudizio) per vedersi riconosciuto il prezzo di vendita pattuito per la cessione dell’immobile banca di circa 1.300 mq ubicato in prossimità del Palazzo di Giustizia di Matera e di istituti scolastici e uffici;
– e contestuali investimenti fatti in suoli edificatori considerando il credito vantato, ma non incassato, utilizzando l’ampio accesso al credito che aveva in Banca. Infatti, sia Centrobanca con fideiussione della Banca Popolare del Materano sia la Cassa di Risparmio di Calabria e di Lucania e altre Banche, avevano concesso credito finalizzato alle diverse attività edilizie tra cui l’acquisto di diversi terreni edificabili come ad esempio quello che era “la porta di ingresso del centro direzionale” adiacente al Comune di Matera.
Meno di due anni dopo -aprile 1985- viene dichiarato il fallimento, revocato quattro mesi dopo (agosto 1985), e tre mesi dopo ancora (novembre 1985), arriva la dichiarazione di fallimento definitiva a seguito del non accoglimento di una proposta di concordato preventivo.
Patrimonio immobiliare pari a circa 10 miliardi di lire. Insolvenza 350 milioni di lire.
C’è un abisso… come è evidente.
Sarebbe comunque inutile ripercorrere tutte le vecchie tappe tra primo (1985), secondo (1987) e terzo grado di giudizio (1989). Andò così… ma se avete domande rivolgetemele pure.
Ma quello che continua ad accadere è ancora -se possibile- più sconvolgente. E mi riferisco all’operato -da 25 anni a questa parte- del curatore fallimentare e degli organi della procedura concorsuale.
Presso BPER Banca, prima, e presso BNL Banca, dopo, sono giacenti per anni su un libretto di deposito e su un conto corrente ingenti somme in liquidità (derivanti dalla vendita dei beni) per oltre un milione di euro, con le quali sarebbe stato possibile – già da tempo- liquidare i creditori certi, per un debito residuo di importo di gran lunga inferiore alla somma disponibile nelle casse della procedura.

Altri debiti tra cui Banca di Lucania, Banca Popolare Cooperativa di Pescopagano e Banca d’America e d’Italia per un totale di oltre 700mila euro sono nei confronti di soggetti inesistenti. Anche a volerli pagare non sarebbe possibile farlo. Però la curatela fallimentare e il Giudice Delegato -sollecitati in merito- insistono: sostengono -in estrema sintesi- che non ci sia la certezza che i soggetti in questione siano ormai inesistenti. Chi deve accertare questo?
Io ho collaborato, e ho accertato che i soggetti e i crediti sono inesistenti presso le istituzioni competenti (Banca d’Italia -Centrale Rischi e Registro Imprese) e le società che li hanno cancellati dai loro bilanci, ceduti a SPV e cartolarizzati come crediti deteriorati (NPL) ma non è bastato.
Perché dunque non lo fanno loro, l’attuale giudice delegato e il curatore?
Intanto in questi anni le somme liquide per oltre un milione di euro sono ferme in banca, invece di pagare tutti i creditori esistenti e chiudere la procedura. Inoltre, al creditore Banco Napoli – SGA Spa sono stati corrisposti ingenti interessi per aver procrastinato il pagamento del credito dovuto per oltre 29 anni (fino al piano di riparto del settembre 2020 come è evidente dagli atti sottoscritti dal curatore e dal giudice delegato) sottraendo questa somma indebitamente alla procedura fallimentare e dissipando il patrimonio di Falcone non per pagare i creditori ma per pagare i danni della mala gestio degli organi fallimentari.
E c’è di più. Con quelle somme ferme, prima, in BPER Banca e, poi, in BNL Banca, gli organi della procedura concorsuale (giudice delegato e curatore) decidono di mettere comunque all’asta un terreno, di proprietà di mio padre dal 1980, di mq 10.485 (circa un ettaro di superficie), ubicato in prossimità dei Sassi di Matera, del centro città e dell’ospedale. Da una stima della CTU, a maggio 2018, il terreno viene definito a “vocazione edificatoria”, con valore pari a 560mila euro. E infatti, nel 2021 -con il nuovo Piano Regolatore Urbanistico del Comune di Matera approvato con delibera n. 19 dell’11 marzo 2021- il terreno è diventato “terreno edificabile qualificato di diritto” perdendo la “vocazione”. Il valore è notevolmente aumentato rispetto a quello indicato nella stima della CTU nel 2018.
A noi eredi Falcone rimane da constatare che il terreno è stato venduto all’asta senza incanto il giorno 8 luglio 2021, sulla base del valore di stima della perizia della CTU del 2018 in un’asta, quindi, successiva alla data del giorno 11 marzo 2021 in cui è stato approvato il Regolamento Urbanistico dal Comune di Matera.
Ignoravano gli organi della procedura concorsuale (giudice delegato e curatela) (volutamente?) quel cambio di destinazione urbanistica del terreno da “vocazione edificatoria” nel 2018 a “edificabilità qualificata di diritto” nel 2021, cosa che era sulla bocca di tutti?
Asta senza incanto, offerta base 417mila euro. Due sole offerte di soltanto due astanti che hanno presentato 2 buste analogiche contenenti rispettivamente un’offerta di acquisto per 450mila e un’altra per 425mila euro. Durante il corso dell’asta gli offerenti non hanno effettuato alcun rilancio e dopo le operazioni di vendita il bene “Terreno a vocazione edificatoria” è stato aggiudicato al soggetto che ha effettuato l’offerta più alta. Non ci sono, quindi, stati rilanci in asta. Tutto è agli atti nel verbale d’asta del giorno 8 luglio 2021.
Il consistente errore di diritto ha portato a vendere in asta, per analogia, un locale commerciale di alta qualità al prezzo di un garage a rustico. Ciò, davanti agli atti e ai fatti, è normale?
È possibile sottrarre indebitamente alla procedura fallimentare la rilevante differenza di valore tra “Terreno edificabile di diritto con l’approvazione del Piano Urbanistico del Comune di Matera”e “Terreno a vocazione edificatoria”?
Lo stesso CTU nel maggio 2018 ha dichiarato, nella perizia di stima, che il valore attribuito al bene tiene conto del Regolamento Urbanistico “non approvato” e che “la relativa edificabilità potrà concretizzarsi solo a seguito dell’approvazione del Regolamento Urbanistico”.
Perché gli organi della procedura (curatore e giudice delegato) non hanno rinnovato la stima del bene prima di procedere con solerzia alla vendita in asta?
È evidente che il valore di mercato a luglio 2021 non coincide con il valore di stima del maggio 2018.
Ultimo capitolo: vanno all’asta anche gli ultimi due cespiti di proprietà di Falcone Francesco Paolo.
La casa di abitazione di famiglia estesa per 450 mq, indipendente, con pertinenze e giardino, ed un locale nella centrale via XX settembre in Matera.
Il primo -udite, udite!- con offerta minima di 234mila euro, il secondo con un offerta minima di circa 110mila…
E in tutto questo la somma di oltre un milione di euro depositata in BPER Banca, prima, e BNL Banca, dopo, a disposizione della curatela, resta ferma. Perché?
Ci sono tante domande da porsi, ma su tutte: Chi ha interesse a far durare ancora il fallimento? E perchè?
Perché la liquidità di oltre un milione di euro non è stata utilizzata per pagare i creditori esistenti, le spese di procedura e chiudere il fallimento già da anni?
Perché non sono stati stornati dallo stato passivo esecutivo i creditori inesistenti?
Perché il creditore Banco Napoli – SGA Spa non è stato soddisfatto nei tempi dovuti al punto che poi gli sono stati corrisposti ingenti interessi sottraendo questa somma indebitamente alla procedura fallimentare? Mancavano, forse, le disponibilità liquide nelle casse della procedura?
A cosa servono le disponibilità derivanti dalle “svendite” del terreno edificatorio, dell’abitazione degli eredi e del locale in centro città se gli organi fallimentari hanno somme disponibili sul conto BNL Banca per chiudere, da anni, la procedura?
Si ritiene di errare nell’esprimere che la tendenza da parte degli organi fallimentari di sottrarre la procedura dall’ordinario iter normativo, contravvenendo a dettati giuridici in campo penale, amministrativo e costituzionale, è lesiva dei più basilari principi che regolamentano il nostro ordinamento, dal codice di rito al dettato costituzionale?
È legittimo ammettere che una procedura fallimentare che dura da circa 40 anni con i conclamati atti di mala gestio abbia delle evidenti anomalie giuridiche ad oggi riscontrate in spregio al corretto utilizzo del codice di rito?
È noto che i processi devono concludersi entro un termine ragionevole come recita l’articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo. È, quindi, fondamentale fare ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo per farsi riconoscere i propri diritti di uomo e di imprenditore?
Questa procedura ha avuto il solo fine di eliminare dal mercato un onesto e pregevole imprenditore, fiore all’occhiello dell’allora edilizia materana?

Michele Capolugo
direttore responsabile www.SassiLive.itL’articolo “Fallimento aperto da 40 anni a Matera, Giuseppe Falcone denuncia caso-record di mala-giustizia” è già apparso su Corriere di Puglia e Lucania.

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