Del 16 Luglio 2023 alle ore 15:12I fatti hanno la testa dura e tromboni televisivi, giornaloni e politici degli ultimi 30 anni , nessuno escluso possono invalidarli.
L’ISTAT elaborando i dati di EUROSTAT ha analizzato 21 anni di politiche di coesione UE , che come noto sono finalizzate attraverso gli investimenti , a sostenere le economie degli stati membri al fine di ridurre i divari tra le regioni.
Coesione intesa sotto l’aspetto economico, sociale e territoriale.
Le politiche di coesione “ pesano” sul bilancio comunitario: nel ciclo 2021/2027 euro 392 miliardi su un bilancio UE di 1211 miliardi .
In 21 anni tutte le regioni del Sud perdono posizioni : la Campania passa dal 165 posto del 2006 al 201 esimo posto del 2021 su 242 regioni della UE.
Una caporetto le politiche di coesione per l’Italia !
La UE ha creato varie tipologie di fondi per la coesione : 1) Fondo di Coesione ,che riguarda l’Europa dell’Est più Cipro, Gracia , Malta e Portogallo; 2) il Fondo Sociale Europeo Plus ,per finanziare investimenti in occupazione, società, istruzione e competenze;3) Fondo per lo Sviluppo Regionale Europeo (FSRE) sul quale viene allocata la maggioranza delle risorse 226 miliardi.
La specificità del FSRE è, che i progetti sono gestiti dalle singole regioni dopo l’approvazione da parte della UE e controllo del Commissario europeo, per la politica regionale.
Le risorse del FSRE sono indirizzate non, in base agli abitanti, ma al Pil pro capite PPA (a parità di potere d’acquisto).
Evidente più basso è il Pil pro capite e più soldi arriveranno, in quella regione.
La UE divide in tre categorie le regioni europee prendendo ,a riferimento il pil pro capite ,a parità di potere d’acquisto : a) se è superiore al 90% della media riferita al budget 2014/2020 la regione è classificata “ più sviluppata “; b) se compreso ,tra il 75% e 905 allora è “ in transizione”; c) inferiore al 75% della media è classificata “ meno sviluppata”.
La base giuridica della politica di coesione è l’art 174 del Trattato sul Funzionamento della Unione Europea : “ Per promuovere uno sviluppo armonioso dell’insieme dell’Unione, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica, sociale e territoriale.”
Stando all’analisi ISTAT elaborata su dati Eurostat le politiche di coesione ,per il Mezzogiorno sono state un fallimento.
La Polonia seguita da Italia, Spagna e Romania sono stati i paesi ,che hanno ricevuto più fondi.
Istat sulla politica di coesione scrive : “ Non si è verificato il processo di convergenza delle regioni italiane classificate come “meno sviluppate” (pressoché quasi tutto il Mezzogiorno d’Italia ad eccezione dell’Abruzzo), che hanno continuato a crescere sempre molto meno della media dei Paesi dell’Ue27. Ma è l’intero sistema Paese Italia che si è contraddistinto per un processo di progressivo allontanamento dal dato medio europeo: nel 2000 erano ben 10 le regioni italiane fra le prime 50 per Pil pro capite in ppa e nessuna fra le ultime 50. Nel 2021 fra le prime 50 ne sono rimaste solo quattro (Provincia autonoma di Bolzano, Lombardia, Provincia autonoma di Trento e Valle d’Aosta, mentre fra le ultime 50 ora se ne trovano ben quattro (Puglia, Campania, Sicilia e Calabria).” .
Appare evidente che il buon esito dipende dalle competenze del personale, in grado di seguire i bandi europei e presentare progetti che sono ammessi al finanziamento.
In realtà il risultato è fallimentare, per tutte le regioni italiane ,ma per il Mezzogiorno in particolare. Nel ciclo di programmazione 200072006 Lombardia dal ventesimo posto al trentanovesimo posto nel 2023 , il Veneto dal 38 esimo al 74 esimo posto, l’Emilia Romagna era al 29 esimo posto è scesa al 54 esimo nel 2023. Risultati da “ Caporetto” in 21 anni per le regioni del Mezzogiorno : la Calabria è passata dal 182esimo al 214esimo posto, la Sicilia dal 173esima al 208esimo, la Campania dal 165esimo al 201esimo. Puglia dal 172esimo al 197esimo.
Se la valutazione la facciamo sul numero delle posizioni peggiorate allora la peggiore performance è dell’Umbria , che passa dalla 75esima alla 137esima posizione, la Toscana dalla 51esima posizione alla 99esima e infine il Piemonte dalla 44esima alla 91esima. Il Friuli invece passa dalla 50esima posizione del 2006 alla 82esima del 2023.
Si salvano solo perché perdono meno Basilicata e Province autonome di Trento e Bolzano.
Scrive l’ISTAT : “ Non si è verificato il processo di convergenza delle regioni italiane classificate come “meno sviluppate” (pressoché quasi tutto il Mezzogiorno d’Italia ad eccezione dell’Abruzzo), che hanno continuato a crescere sempre molto meno della media dei Paesi dell’Ue27. Ma è l’intero sistema Paese Italia che si è contraddistinto per un processo di progressivo allontanamento dal dato medio europeo: nel 2000 erano ben 10 le regioni italiane fra le prime 50 per Pil pro capite in ppa e nessuna fra le ultime 50. Nel 2021 fra le prime 50 ne sono rimaste solo quattro (Provincia autonoma di Bolzano/Bozen, Lombardia, Provincia autonoma di Trento e Valle d’Aosta), mentre fra le ultime 50 ora se ne trovano ben quattro (Puglia, Campania, Sicilia e Calabria).
Il divario crescente in termini di reddito (misurato in Pil pro capite in ppa) fra le regioni italiane economicamente meno avanzate e l’Ue27, è spiegato interamente dal tasso di occupazione, inferiore alla media Ue di ben 20 punti percentuali. Soltanto nel corso dell’ultimo ciclo di programmazione 2014-2020 è divenuta determinante anche la produttività del lavoro inferiore alla media Ue27 di 9 punti percentuali. Le recenti tendenze demografiche in atto in Italia, in particolare nel Mezzogiorno, fanno presupporre che invecchiamento e spopolamento possano in futuro contribuire ad ampliare i divari in termini di reddito con il resto d’Europa. Le simulazioni effettuate mostrano, ceteris paribus e in assenza di interventi sull’occupazione e sulla produttività, che la forbice con l’Ue, nel 2030, è destinata ad allargarsi pressoché ovunque in Italia e in particolare nelle regioni del Mezzogiorno.”L’articolo Le politiche di coesione, per l’Italia sono un fallimento è già apparso su Il Corriere Nazionale.