Gli italiani all’estero sono milioni e la nostra emigrazione resta un evento sociale ancora meritevole d’essere monitorato.
Col tempo, l’integrazione è riuscita a fornire una nuova dimensione di vita per i Connazionali nei Paesi ospiti. Molti hanno cambiato cittadinanza e per chi ha mantenuto quell’italiana, al voto nazionale non manifesta particolare interesse. Eppure, limitandoci al Vecchio Continente, gli italiani sono quasi tre milioni. Molti sono figli, se non nipoti, di chi, negli anni 50/60, si erano recati al lavoro nelle miniere con contratti di “scambio” (braccia per carbone).
Rammentiamo, con profonda amarezza, che la nostra Emigrazione è stata “tribolata”. Tutto, ora, sembra lontano. Eppure è storia di ieri. Oggi impensabile, ma che ha segnato almeno una Generazione. Ora, in UE, i problemi si sono modificati; pur essendo, in parte, presenti ancora alcuni. E’ di scena il Parlamento Europeo, la moneta unica, La Banca Centrale, ma i nazionalismi, anche in questo 2023 avranno preponderanza sul concetto di tutela dei problemi socio/economici del Vecchio Continente. L’apprezzamento per chi ha conservato la cittadinanza d’origine, è indiscutibile, ma non basta. Insomma, l’Europa “stellata” non brilla sempre di luce propria.
Anche la posizione d’italiani all’estero non dovrebbe essere equiparata ai residenti nella penisola unicamente al momento del voto. Ai Connazionali nel mondo spetta un trattamento più consono al loro stato. Ma quando? E come? Sono interrogativi che non sono stati ancora risolti; perché mai affrontati. Quelli che scarseggiano restano i “fatti” irrisolti. Lo scriviamo perché l’Italianità non è un termine vago e indistinto; ma una realtà che può essere di supporto anche per il Paese d’origine. La nostra ipotesi di dare “operatività” a un Dipartimento per gli Italiani all’Estero (DIE) resta sempre attuale e politicamente percorribile.
Giorgio Brignola