Immaginate di godere di una vista mozzafiato: immensa stellata notturna, davanti ai vostri occhi l’esteso e silenzioso panorama, illuminato dalla luna, scandito da figure camuffate dal buio e in parte da una bassa bruma instabile, quando improvvisamente, si incastra il cinturone della vostra divisa sulla banda metallica del cupolino del carro armato che vi è stato dato in dotazione, nel momento in cui vi ordina di riposizionare il cannone sul quale si infrange un piccolo proiettile colorato, una voce sconosciuta, con un inglese mal scandito, che vi intima di rimettere a posto lo zaino da pic nic, prima che il cingolato riprenda la marcia.
Non è un film ma un ordinario e sobrio istante di avventuroso itinerario da poter vivere al posto dei molti facoltosi turisti che, fra quelli non specializzati nell’arte bellica e genieri, vivono durante i giorni di vacanza intorno alle prescelte destinazioni di soggiorno: i fronti di guerra. Il poco materiale italiano relativo al cosiddetto Turismo di guerra fonde informazioni e stili turistici riguardanti i viaggi internazionali e locali -indirizzati ai comuni luoghi della memoria di tutto il territorio nazionale, quali musei a cielo aperto e le tradizionali sale che ospitano reperti, reliquie e documenti – al militurismo, catalizzato da svariati generi e strettamente connesso ai fronti di guerra; siti a loro volta, suddivisi in lembi molto vicini alle zone calde di scontro, ed altri che sono stati luogo di scontro, veri e propri campi di battaglia messi in sicurezza e adeguati alla parziale o totale fruizione da parte dei visitatori.
Questo secondo caso interessa principalmente sostenitori dei paesi colpiti, giornalisti, famiglie, semplici viaggiatori curiosi di attraversare ed esplorare ciò che resta delle città bombardate, e annesse aree limitrofe smilitarizzate, percorrendo sentieri predefiniti e sorvegliati. L’esempio internazionale più tangibile, nei giorni correnti, è l’Ucraina; allo stesso modo è possibile introdursi in aree militarizzate perfettamente intonse, quali furono e sono lasciate dai combattenti, dotate del corredo di mezzi di dotazione e strumenti bellici, mantenendo l’assetto scenografico originale col quale è possibile interagire, immersi nell’originario paesaggio di guerra. Si simulano battaglie e vita da campo, ma si può anche studiare e fare laboratorio di balistica, ingegneria, statica, per e grazie agli specialisti di ruolo, cultori, studiosi in pensione. L’uso regolare dell’equipaggiamento entro un contesto filologicamente fedele è straordinariamente confermato da una testimonianza diretta su un canale telegram delle ultime ore in cui alcune soldatesse russe commentano la cattura di un BMP M2A2 Bradley a Zaporozhye col quale ‘allestiranno la futura mostra museale’, non proprio casuale battuta, dato che il militurismo in terra russa è una prassi legale e di gran successo, concentrata precipuamente in agro moscovita dove si ospitano anche strutture specializzate in cui è possibile apprendere teoria e pratica, contestualmente alla qualità dell’utenza. Questa attività parabellica, è gestita da privati, coordinata da capi militari di precisi organi dell’esercito, che non fanno alcun riferimento al Ministero della Difesa, in molti casi assicura introiti a occasionali guide in loco che possono essere militari pensionati che vogliono arrotondare o figure ibride di contesto, creando importanti introiti di molte migliaia di valuta corrente spesso impiegate nella valorizzazione del sito e nella manutenzione della strumentazione.
Basti pensare che i voyeurs delle classi più abbienti, possono prenotare voli di ricognizione a bassa quota e nella stratosfera, voli supersonici con cifre acrobatiche comprese e la possibilità di manovrare, così come nella trasposizione a capo dell’articolo, un carro armato perfettamente funzionante originalmente in uso durante gli scontri.
Baghdad, Damasco, Mogadiscio e Gaza sono solo le prime di una lunga lista di mete milituristiche più o meno conosciute ma il primato assoluto lo conserva Israele, dove è notevolmente più facile pagare per assistere ai conflitti correnti , nella declinazione del dark tourism che quando interessa aree geografiche meno controllate come quelle dell’Africa Subsahariana, contempla casi di estrema pericolosità, in cui i viaggiatori restano prigionieri durante lunghe poste di blocco nel migliore dei casi, e i cosiddetti turisti radicali possono commettere saccheggi o vendersi come legionari mercenari per combattere nelle fila di alcuni schieramenti locali. Dell’organizzazione dei militour si occupano precise compagnie di viaggio che, loro malgrado, devono soddisfare una ben precisa domanda commerciale, pur fornendo tutte le informazioni relative al luogo raramente riescono a distrarre il militurista con proposte più regolari. È un genere di turismo che ha radici ben salde, a partire dai diari di viaggio ottocenteschi , fino agli attuali nutriti studi americani dedicati al primo militurismo contemporaneo, che ha contribuito allo sviluppo di questo genere di spostamenti: durante le guerre mondiali e la guerra fredda, inglesi e americani, avevano prima improvvisato poi sistematicamente ideato strutture di riposo e svago, immediatamente prossime alle aree interessate per le reclute in congedo e le loro famiglie, negli stessi luoghi dove, ancora oggi, gli americani scelgono la rievocazione militare, come nelle giungle del Vietnam diventate mete popolarissime scelte dai turisti americani come divertente pratica di dimagrimento (!)
foto linkiesta